Sono trascorsi dieci lunghi anni. Il processo di primo grado, iniziato sei anni fa, ha visto cambiare per quattro volte i giudici e contare numerosi rinvii di udienze. Si dovrà attendere ancora qualche mese per arrivare alla sentenza, ma nei giorni scorsi sono giunte le richieste del pubblico ministero Federica Materazzo nei confronti degli imputati nell’ambito del dibattimento relativo alla morte di Alessandro Nasta, il giovane nocchiere brindisino morto a maggio del 2012 dopo essere precipitato dall’albero di maestra della nave scuola della Marina Militare Amerigo Vespucci, in navigazione isolata al largo dell’Argentario, 40 miglia a Nord di Civitavecchia. Il marinaio, trasportato in elicottero, morì all’ospedale San Paolo a seguito dell’aggravarsi delle condizioni cliniche e per le numerose fratture riportate. Un volo da 15 metri, con la famiglia che, in tutti questi anni, si è battuta chiedendo giustizia per il ragazzo e denunciando il mancato rispetto delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. E proprio puntando l’accento su questo aspetto, l’accusa ha chiesto quattro condanne: un anno e dieci mesi per l’ex comandante della nave Domenico La Faia e per l’ammiraglio Bruno Branciforte, ed un anno e due mesi di reclusione per gli ammiragli Giuseppe De Giorgi e Luigi Binelli Mantelli. «Alla luce di quanto non è stato fatto per tutelare la vita di mio figlio Alessandro - scrive la mamma Marisa Toraldo - ci si aspettava una richiesta più equilibrata da parte del PM in relazione al mancato rispetto delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. È sconfortante che certe richieste sminuiscano la morte di un giovane di 29 anni avvenuta per il mancato rispetto delle leggi».


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