Condanna sì al risarcimento, ma solo parziale, perché una porzione della colpa, per quanto accaduto, è da attribuire alle stesse vittime. Il Tribunale civile dell’Aquila, giudice Monica Croci, ha accolto la richiesta di risarcimento avanzata dai familiari di alcune vittime per il crollo del palazzo di Via Campo di Fossa a L’Aquila, avvenuto nel terremoto del 6 aprile 2009. Costruzione di sei piani sotto cui persero la vita in 29.

Il giudice ha condannato a risarcire il costruttore dell’edificio e i suoi eredi e i ministeri chiamati in causa, ossia Infrastrutture e Interno. La colpa degli eredi, per quanto avvenuto, dice il giudice è del 40%; i ministeri, per le omissioni di Genio Civile e Prefettura, debbono rispondere per un 15 per cento ciascuno. E Il 30% di colpa rimanente? È delle stesse vittime. Secondo il giudice «è fondata l’eccezione di concorso di colpa delle vittime, costituendo obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile».

«Una sentenza - commenta inferocita l’avvocato Maria Grazia Piccinini, di Lanciano (Ch), madre di Ilaria Rambaldi, studentessa universitaria di Ingegneria deceduta in Via Campo di Fossa - che appare assurda, a voler esser buoni. Scopro, dopo aver atteso quasi 14 anni, che a L’Aquila erano tutti aspiranti...suicidi... Una vergogna infinita attribuire colpe alle vittime, -continua l’avvocato, che è anche presidente dell’Associazione ’Ilaria Rambaldi Onlus’- perché significa non conoscere la storia di quel sisma e gli eventi che hanno preceduto il disastro. Una ricostruzione fantasiosa, con concetti precostituiti. Erano le 3.32 dove doveva stare mia figlia, se non a dormire? A L’Aquila, dopo le prime scosse, tutti sono rientrati a casa. Non c’era un allarme, non c’era un campo dove potersi rifugiare, non c’era nulla... Dove sarebbe dovuta andare mia figlia? Inaudito. Ma faremo ricorso».

L’inchiesta penale era stata archiviata quasi nell’immediatezza dell’avvio della maxi inchiesta sui crolli (220 quelli definiti) da parte dei pm Alfredo Rossini (ex Procuratore capo) Fabio Picuti e Roberta D’Avolio in quanto i presunti responsabili all’epoca identificati quali indagati, erano deceduti nel corso degli anni.