TARQUINIA - Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale ha emesso sentenza, pubblicata in data 30/05/2022, in merito al ricorso del 2021, proposto dal Comune di Tarquinia contro la determinazione n. G00710 del 28 gennaio 2020, emessa della Regione Lazio in cui si rilasciava l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) alla Pellicano srl per la realizzazione di un “Progetto per l'ampliamento dell'impianto di valorizzazione raccolta differenziata con compostaggio aerobico sito nel comune di Tarquinia, loc. Olivastro (VT), già autorizzato, con autorizzazione unica ambientale (A.U.A.) del Comune di Tarquinia n. 3847, del 06/12/2015 e ss.mm.ii., con implementazione di una sezione dedicata alla digestione anaerobica dei rifiuti non pericolosi, con produzione di biometano, e compost di qualità”.

Il Consiglio di Stato analizzati gli atti della causa ha respinto l’appello. In sintesi: con il ricorso di primo grado il Comune di Tarquinia aveva articolato otto motivi di gravame e, attraverso atti successivi, adducendo ulteriori 13 motivi, che sono stati confutati dal Consiglio di Stato.

LA DISTANZA DALLE ABITAZIONI CONSIDERATA INFONDATA Una delle motivazioni presentate dal Comune riportava che “tra i parametri vi sarebbe, quindi, una contrarietà del progetto rispetto a quanto previsto dal Piano di gestione dei rifiuti della Regione Lazio, nella sezione “Criteri di localizzazione”, che contempla tra i “Fattori di attenzione progettuale per gli aspetti territoriali” la «assenza di idonea distanza dall’edificato urbano - 1.000; 500 metri se case sparse». Il motivo è considerato infondato. "In primo luogo - secondo la sentenza del Consiglio di Stato - si rileva che l’autorizzazione oggetto dei provvedimenti impugnati riguarda l’ampliamento di un impianto già esistente in zona agricola e autorizzato ex art. 208 D.Lgs. n. 152 del 2006 dalla Provincia di Viterbo con determinazione n. 2847 del 2015 e dal Comune di Tarquinia con AUA n. 3847 del 2015, per cui appare logico, come rilevato dal primo giudice, che la localizzazione dell’impianto originario abbia necessariamente condizionato anche il progetto di ampliamento. Inoltre, non vi sono specifiche disposizioni che stabiliscano quale sia la distanza minima di questa tipologia di impianti dalle abitazioni per cui la scelta è rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione che, nel caso in esame, ha svolto una compiuta istruttoria e ha seguito le indicazioni contenute nei pareri prima dell’Istituto Superiore di Sanità del 13 ottobre 2014 in sede di approvazione della Via e quindi della Asl di Viterbo del 2 aprile 2019, nei quali si afferma che la zona ove insiste l’impianto è a bassa antropizzazione".  E ancora: "La previsione del Piano regionale di gestione dei rifiuti sopra richiamata è infatti una indicazione orientativa, ma che non implica una distanza esatta dalle abitazioni in zona agricola. Peraltro, anche la deduzione relativa alla violazione delle norme del PTPR e alla circostanza per cui l’impianto ricadrebbe nella qualificazione del “Paesaggio agrario di valore” non ha pregio. Conseguentemente, nell’area in questione, non essendovi beni paesaggistici ex art. 134, lett. a), b) e c) del d.lgs. n. 42 del 2004, le disposizioni del PTPR hanno una efficacia indicativa ma non impeditiva della localizzazione e dell’ampliamento dell’impianto. Inoltre, trattandosi di impianto volto alla produzione di energia da compostaggio anaerobico, si applica l’art. 12, comma 7, d.lgs. n. 387 del 2003, per cui tali N. 06874/2021 REG.RIC.  impianti possono essere localizzati anche in zone classificate come agricole dagli strumenti urbanistici locali".

RESPINTA ANCHE LA MOTIVAZIONE DELLA MANCATA VAS Con un ulteriore motivo il Comune di Tarquinia aveva dedotta la violazione dell’art. 6, comma 12 e dell’art. 12, comma 6 del d.lgs. n. 152 del 2006 nonché la violazione del diritto dell’Unione europea per contrasto con la direttiva n. 2001/42/CE. Con tale doglianza, viene censurato il fatto che il progetto avrebbe dovuto essere sottoposto a Vas o, almeno, alla verifica di assoggettabilità a Vas ai sensi dell’art.  6, comma 12, d.lgs. n. 152 del 2006 in quanto il Prg del Comune non è mai stato sottoposto a Vas. Il motivo è infondato secondo il Consiglio di Stato "poiché parte da un presupposto che è già stato confutato nel precedente motivo di gravame ossia che l’Aia non costituisca variante automatica al Prg. Del resto, l’art. 6, comma 12, del d.lgs. n. 152 del 2006 prevede che “Per le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli conseguenti a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l’effetto di variante ai suddetti piani e programmi, ferma restando l’applicazione della disciplina in materia di Via, la valutazione ambientale strategica non è necessaria per la localizzazione delle singole opere”. “Va inoltre osservato - secondo il Consiglio di Stato - che ai sensi dell’art. 6, commi 3 e 3 bis del d.lgs. n. 152 del 2006, la verifica di assoggettabilità riguarda solo i piani e i programmi individuati dalla disposizione per i quali la procedura di Vas è discrezionale. Pertanto, mentre la valutazione di impatto ambientale ha ad oggetto un progetto o un’attività puntuale, le attività pianificatorie o programmatorie devono essere sottoposte a valutazione ambientale strategica: nel caso in esame, dunque, poiché oggetto di autorizzazione è un progetto per l’ampliamento di un impianto di recupero, lo stesso non è da sottoporsi a Vas o a verifica di assoggettabilità a Vas".

NESSUN ECCESSO DI POTERE Con ulteriore motivo di ricorso, il Comune si duole per l’eccesso di potere per  N. 06874/2021 REG.RIC., ritenuto "macroscopico difetto di motivazione, carenza dei presupposti e sviamento, per violazione dell’art. 196, comma 3, d.gs. n. 152 del 2006, per violazione e falsa applicazione degli artt. 14 ter".

Alla luce delle motivazioni, pertanto, l’appello è stato respinto.

LA PELLICANO INTENZIONATA A CHIEDERE IL RISARCIMENTO DANNI "A sentenza emessa a distanza di anni da ostative, impedimenti e azioni immotivate contro il Pellicano - afferma l’ad del Pellicano srl Franco Caucci – si evidenzia che abbiamo vinto tre sentenze al Tar Lazio, di cui due promosse dagli ambientalisti e una promossa dal Comune di Tarquinia. Tutte sono state confermate dal Consiglio di Stato. - Adesso  siamo intenzionati a chiedere il risarcimento danni per essere stato bloccato il progetto, perché  i consiglieri  si devono ben periziare prima di votare un argomento senza averne contezza, orgogliosi per aver votato di procedere nei confronti del Pellicano srl, un’azienda che opera sul territorio tarquiniese da oltre venticinque anni. Non consentendo la realizzazione del nostro impianto hanno causato un danno economico ai cittadini per le tariffe Tari, ambientale perché il biocarburante ed il compost contribuiscono ad abbattere le emissioni, perché i rifiuti avrebbero dovuto essere lavorati a Tarquinia e produrre  una seconda vita come energia e come biometano e invece sono stati portati al Nord Italia con inquinamento su strada, a cui si è aggiunto un costo di trasporto che è circa euro 30/tonnellata che moltiplicato per 30.000 tonnellate si arriva a cifre di perdita esponenziali pari a  900.000 euro, che i cittadini devono pagare. Con l’impianto funzionante a Tarquinia i 900.000 euro sarebbero rimasti sul territorio. I cittadini quando vanno a votare devono prima conoscere i candidati se sono all’altezza di rappresentarli oppure no, essere a sostegno dell’economia Circolare investire su di essa riveste un ruolo fondamentale nelle soluzioni di efficienza e di sostenibilità, a tutela dell’ambiente. Il futuro dell’ambiente è l’economia circolare, noi sosteniamo l’ambiente contro chi ostacola, senza motivo, il cambiamento e le nuove opportunità concrete per creare benefici per l’ecosistema e la società».