GIAMPIERO ROMITI

La domanda scatta fulminea: già archiviata la “Fiera che non c’è” ma che non potrà fare a meno di passare come il più clamoroso flop della storia delle Amministrazioni Comunali “pinciote” ? Inutile riavvolgere il nastro e ascoltare di nuovo annunci squillanti ( “evento straordinario”); conferenze stampa all’insegna dell’entusiasmo scatenato (“l’economia cittadina riceverà una spinta colossale”); commenti sfrenatamente lusinghieri (“alberghi sold out: che libidine !); petti gonfi e sorrisi slargati (“riceveremo la piacevole invasione di almeno duecentomila visitatori”); battute infarcite di ipocrita allegria (“ saremo costretti a sottoporre ad un super lavoro i vigili urbani per regolarizzare gli ingressi nei ristoranti”).

Insomma tutto pronto per stappi di spumante e festeggiamenti degni di un evento universalmente indimenticabile, malgrado, questo il punto, dalla vicina Tarquinia arrivassero,dapprima, consigli non esattamente astiosi e poi via via avvertimenti, piuttosto risentiti, a stare alla larga da una kermesse, appartenente di fatto solo ed esclusivamente alla cittadina etrusca. Ma è andata come sappiamo: per Pro Loco Tarquinia e assessore al commercio Dimitri Vitali il dado era già stato tratto e quelli del sindaco Giulivi sono stati considerati lamenti insignificanti. Ed ora, alla luce di quanto (mal)capitato e della figuraccia delle figuracce fatta dinanzi alla città intera e non solo, cosa è accaduto ? Risposta secca: niente di niente. O meglio (pardon peggio…): l’episodio è paragonabile al classico temporale estivo che in un baleno lascia spazio al ritorno del sole cocente. Cioè: si vorrebbe che già tutto sprofondasse nell’oblio. Ma siamo al paradosso, nessun dubbio.

Un sindaco con la S maiuscola, difronte ad un disastro del genere e alla prova provata di un’inaccettabile disorganizzazione (figlia di una superficialità disarmante), avrebbe, difatti, preso immediatamente seri provvedimenti. Tra tutti la revoca delle deleghe al “salviniano” Vitali, autore certamente di una performance talmente fallimentare da lasciare interdetti. Invece? Silenzio tombale. Anzitutto di Tedesco, lì cereo e paralizzato dall’angoscia di dover traslocare dalla stanza dei bottoni del Palazzo perché strasicuro che, al legittimo e sacrosanto benservito al leghista, l’intero gruppo “verde” avrebbe risposto con lafuga dalla maggioranza. Questo, dunque, l’inammissibile freno di un Primo Cittadino che, invece, mai come stavolta avrebbe dovuto imporre il timbro di un’autorità inossidabile. La quale non gli appartiene (perché ??? – ndr -) e di fatto rappresenta un imperdonabile lato debole per chi assume l’importantissimo ruolo di leader.

E all’ipotesi ( per non dire alla certezza) dell’urlo degli adepti “dimitrianvitaliani” «Allora tutti a casa», la risposta di un vero, autorevole capo di una coalizione, che governa una città importante (Civitavecchia), avrebbe dovuto essere stentorea: non accetto minacce, mi dimetto ! E in tal caso si sarebbe avuta finalmente la schiarita attesa da ormai circa tre anni ossia di capire se l’attuale maggioranza intende proporre qualcosa e non barcamenarsi alla meno peggio , come finora dimostrato. Insomma si sarebbe verificato lo scatto prorompente della molla del redde rationem perché , com’è noto - in base all’art. 53 del decreto legislativo 18 Agosto 2000 n. 267, al 3 comma - le dimissioni presentate dal sindaco diventano efficaci ed irrevocabili trascorso il termine di 20 giorni dalla loro presentazione al Consiglio e che, in tal caso, si procede allo scioglimento del consesso e alla nomina di un commissario. Chiaro, no ? Tedesco prendendo la decisione nei confronti dell’assessore “floppista” avrebbe dato una spintarella alle proprie proprie quotazioni (dopo un interminabile periodo di magra…) e sarebbe stato inneggiato con il coro che fa accapponare la pelle: “Un capitano, c’è solo un capitano !”.

E, domanda: all’irremovibilità del Primo Cittadino, quale la reazione dei dissidenti ? Sai com’è, farsi due conti e accorgersi (1) di dover perdere (gli assessori) stipendi che non sono proprio una miseria; (2)di rinunciare (qualche consigliere-imprenditore) a situazioni che rappresenterebbero una svolta di vita; (3) di uscire (un altro consigliere in particolare) dal magico cerchio della Città Metropolitana; non è poi così piacevole. E pertanto il «Tutti a casa» leghista, inaspettatamente trasformatosi in un boomerang per irremovibile risolutezza del Sindaco, avrebbe accesso una fioca (bè, rispetto al nulla…) speranza per ritrovarsi gli ultimi due anni di legislatura forieri di qualche avvenimento degno di tal nome.

Ma le immancabili voci di dentro, specie quelle delle amabilissime ( e fonti inesauribili di ghiotte “dritte”) gole profonde in pianta stabile a Palazzo del Pincio,assicurano che tutto rimane com’è e che non si registra alcun segnale sismico.

E questo perché manca la volontà (sarebbe stucchevole ribadire di chi), e non solo, di far valere la propria forte, indistruttibile autonomia. E quel fa venire in mente il famoso proverbio napoletano : “Chi nun tene coraggio nune se cocca ch’e femmene belle”. Occorre la traduzione ? Non scherziamo.

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