Una tecnologia che funziona come «occhiali speciali: permette alle cellule T, i killer più potenti nel sistema immunitario, di vedere finalmente nemici prima invisibili, le cellule tumorali, per poi scatenarsi» contro di loro. «In pratica, abbiamo capito come potenziare queste cellule guardiane rendendole super cellule T: i serial killer delle cellule tumorali». Descrive così la sfida della piattaforma immuno-oncologica Bite* (Biospecific T cell engager) il suo inventore, Peter Kufer, direttore dell’Amgen Research Munich. Consente di sviluppare anticorpi a doppio bersaglio che potenziano la capacità del sistema immunitario di contrastare i tumori. Già approvati contro la leucemia linfoblastica acuta (Lla), questi anticorpi bispecifici sono attualmente una dozzina allo studio in 7 altri tumori, ematologici e solidi: dal mieloma multiplo al cancro alla prostata, dal glioblastoma al carcinoma polmonare a piccole cellule. «E’ un approccio versatile con un potenziale terapeutico contro molte neoplasie», ha spiegato Kufer durante una visita al sito di Monaco di Baviera, dove la piattaforma è stata ideata nel 1994. Allora il centro era uno spin-off dell’Università di Monaco, la Micromet, acquisita da Amgen nel 2012. «Cercavamo un modo per rendere riconoscibili le cellule tumorali - ha raccontato Kufer - Ci siamo riusciti ingegnerizzando gli anticorpi e dotandoli di due braccia». Queste consentono alle cellule T di riconoscere la cellula tumorale bersaglio, legarsi ad antigeni specifici e rilasciare tossine che ne provocano la morte. «Abbiamo diverse migliaia di pazienti in trattamento nel mondo con risultati molto interessanti», ha sottolineato Isma Benattia, vice president Europe Medical Amgen. Il primo anticorpo Bite, blinatumomab, è autorizzato per la Lla. Risultati presentati al Congresso annuale dell’European Ematology Association mostrano che oltre la metà dei pazienti che avevano ottenuto una negativizzazione dopo il primo ciclo di trattamento era ancora in vita a 5 anni.