di FABIO MARUCCI

Mauro Guerrini ammette di non avere ripensamenti, di aver rinunciato alla quinta posizione in lista per l’assemblea regionale del Partito Democratico perché così doveva essere. D’altronde la coerenza imponeva ai “Democratici per Veltroni” un’alternanza Società Civile-Diesse-Margherita, che dopo il piazzamento in ordine del medico legale Gino Saladini e della diessina Vittoria Marini, con l’inserimento di Flavio Magliani (sempre Ds) al terzo posto, ha visto mandati in briciole gli schemi di partenza. L’abdicazione di Guerrini a favore di Maurizio Mariani (camuffata da una fugace apparizione di Giuseppe De Righi) ha siglato la chiusura della fase preliminare, una condizione contrassegnata da accese battaglie come quella tra Valentino Carluccio e Peppino Cammilletti e da botte e risposte più puerili che proficue. In questa considerazione si inserisce a pieno titolo Pietro Tidei, che ad un certo punto della trattativa, nel malaccorto tentativo di accrescere il proprio valore di mercato, si è sentito rispondere proprio dai Rutelliani «Prendere o lasciare».
Le compagini appaiono definite, nonostante i veleni politici interni alle correnti che stentano a trovare il giusto antidoto. Basti pensare a Sandro De Paolis e Maurizio Mariani, che dopo il parziale accordo coi Ds, il primo è rimasto in panchina, l’altro invece ha occupato la poltrona lasciata vuota proprio da Guerrini, oppure allo stesso Nicola Porro, undicesimo della lista “Ambiente Innovazione e Lavoro”. Una riflessione a parte meritano i “Democratici per Letta” e “Con Rosy Bindi Democratici Davvero”, che nella sommatoria dei voti, si dice dovrebbero raggiungere stentatamente il quorum sufficiente a far scattare un solo candidato. Candidato che, stando ai pronostici potrebbe appartenere proprio alla Bindi, guidata da Roberto Tamagnini, al quale i meglio informati accosterebbero un sostegno attivo proveniente dall’ex diessino Alvaro Balloni. A conti fatti tuttavia, le riserve su di una entità politica già nata in crisi rimangono numerose, nonostante l’assenza di dubbi riguardo alle ambizioni in termini di “conquiste” che animano il Partito Democratico. Del premio di maggioranza ovviamente si parla già da gennaio scorso, e puntualmente si è avverata la profezia della sanguinosa faida nei due maggiori partiti del centrosinistra. Si chiamavano e si chiamano tuttora Diesse e Margherita, perché i loro quadri dirigenti non sono ancora stati sciolti, e rimarranno uniti sicuramente fino alle prossime elezioni. Le provinciali insomma saranno un banco di prova dal cui risultato poter finalmente partire per gettare le basi di una nuova era politica, oppure un triste espediente per poter affermare ancora una volta «Abbiamo scherzato, ora riedificheremo L’Unione».