Berlino 1936. Vengono organizzate le Olimpiadi che per la storia saranno denominate “Le Olimpiadi del Fuhrer”. Ai blocchi di partenza dell’atletica leggera si presentò un atleta statunitense: Jesse Owens. Il ragazzo era un velocista con la pelle nera. Nato nel 1913 in Alabama, nel profondo sud degli USA, ma cresciuto a Cleveland, in Ohio, si presentò in terra tedesca forte dei suoi primati mondiali stabiliti l’anno prima al famoso evento Big Ten Meet. Alcuni suoi colleghi e amici gli sconsigliarono di volare nella Germania nazista, proprio per non “legittimare” la politica di Hitler. Ma lui credeva fortemente che lo sport dovesse essere fuori da queste logiche opportunistiche e politiche. Dopo aver conquistato le finali dei 100 e 200 metri piani, si presentò alla semifinale del salto in lungo, forte del suo record di 8,13 m. A causa dell’emozione per essere ai Giochi e per il fitto programma di gare che stava conducendo, Owens fallì due delle tre prove concesse per qualificarsi alla finale. In entrambe mise il piede sempre in fallo, oltre la linea massima consentita. Mentre cercava di concentrarsi, l’avversario più temuto, il tedesco Lutz Long, si presentò alle sue spalle e gli disse (si capirono più che altro) di staccare un attimo prima, e gli fece vedere materialmente dove doveva poggiare il piede prima di eseguire il salto. Grazie a questo consiglio, Owens conquisto sia l’accesso alla finale sia il relativo oro olimpico il giorno dopo. L’argento venne conquistato proprio da Long. I due atleti, divisi da un oceano e da due paesi in guerra tra loro, rimasero amici fino alla morte del tedesco, avvenuta all’età di trent’anni nell’italiana Biscari, paesino della Sicilia. Fu inviato lì insieme a centinaia di migliaia di ragazzi tedeschi nella divisione corrazzata “Hermann Goring” a combattere per il fronte. Ancora oggi è sepolto nel cimitero militare germanico di Motta Sant’Anastasia. Long, prima di morire, spedì una lettera al suo amico/rivale Owens, nella quale gli chiese di prendersi cura del figlio e di parlargli di suo padre. Jesse Owens si occupò del sostentamento economico della famiglia Long per molti anni. Fu invitato, come ospite d’onore, alle nozze del figlio molti anni dopo. Il Comitato Internazionale Olimpico ricordò la loro storia nella campagna promozionale Celebrate Humanity come esempio di fratellanza tra i popoli e nel 2016 uscì nelle sale un film dedicato alla vita di Owens, Race – Il colore della vittoria.


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