L’ultimo acquisto, in ordine di tempo, fatto dal Santa Marinella calcio è quello di Enrico Antonelli, portiere classe 1990. Ha giocato in precedenza con l’Atletico Vescovio in Promozione e in Eccellenza, è stato per anni il capitano del Duepigreco Roma, ed è lì che ha incontrato Cafarelli, dove hanno fatto gli anni più belli insieme e poi è stato con il Grifone Gialloverde e, per un breve periodo, con il Carbognano.

Sappiamo che il neo tecnico l’ha voluta fortemente?

«Cafarelli lo devo ringraziare moltissimo perché mi ha voluto qui. Questa è una società molto seria e una delle più importanti del Lazio. Ha tra le sue fila grandi giocatori come Melara, Tabarini e Catracchia, quindi ci sono gli elementi per poter far bene, la voglia c’è, ma in questa esperienza ci tengo a ringraziare Cristiano Paglialunga che è stato un preparatore dei portieri e mi ha seguita negli ultimi tre anni, è stato per me un amico e una persona che mi ha fatto crescere ulteriormente, perché il mio è un ruolo in cui non si smette mai di evolversi, di poter maturare, quindi ci tengo a ringraziare anche lui per questa nuova avventura».

Come ha appreso la scelta della società di portarla qui?

«Proprio per quello che ho detto prima, perché so perfettamente che è un punto importante, questa è una società ambiziosa, una società storica nel panorama del calcio del Lazio e so che i giocatori che ci sono qua non hanno bisogno di presentazioni, so come lavora il mister, quindi questo è stato per me il motivo principale per cui sono qua, sono tutte queste componenti che, messe bene insieme, possono dare luogo ad un bell'anno».

Quali sono gli stimoli per un portiere per rendere al massimo?

«Io credo che le componenti sono poi le stesse che deve avere anche un giocatore, un classico di movimento però amplificato, la tranquillità secondo me, al contrario di chi dice che un portiere deve essere matto, è l’elemento essenziale. Un portiere deve dare tranquillità a sé stesso e a tutto il reparto, questa è la prima caratteristica che deve avere un portiere, cioè la lucidità di intervenire nei momenti giusti e quando serve e poi ovviamente l'ambiente dove è importante sentire la fiducia, sentire che un allenatore crede in lui».

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