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CIVITAVECCHIA – Dal 9 giugno è partita una campagna di monitoraggio giornaliero delle temperature percepite nei luoghi di lavoro all’aperto, con particolare attenzione al porto di Civitavecchia. A promuoverla è l’Unione Sindacale di Base, che ha deciso di raccogliere dati scientifici sul rischio da stress termico per documentare con precisione le condizioni in cui operano portuali, operatori del comparto turistico, addetti all’igiene e altri lavoratori esposti a temperature estreme. I rilievi, che andranno avanti fino alla fine di settembre, hanno già registrato giornate con picchi oltre i 35 gradi.
«Ci sembrava giusto far capire a tutti — spiega Riccardo Petrarolo, Usb Civitavecchia — il rischio a cui vengono sottoposti quotidianamente molti lavoratori. Per questo abbiamo scritto all’Autorità Portuale chiedendo un incontro ufficiale: vogliamo che vengano recepite le linee guida ministeriali e avviato un confronto strutturale sul tema».
Nel mirino del sindacato non solo il monitoraggio, ma l’assenza di misure concrete da parte dei datori di lavoro. Francesco Tuccino, responsabile sicurezza Usb, ha spiegato che «oltre i 30 gradi il rischio da stress termico è reale e dimostrabile con strumenti semplici come termoigrometri. Se non si valutano questi dati è solo perché farlo comporterebbe l’obbligo di adottare misure costose». Usb chiede l’introduzione di pause di recupero, acqua e sali minerali nei punti più esposti, divise adeguate, strutture ombreggiate e una riorganizzazione dei turni, evitando di collocare più volte gli stessi lavoratori nelle ore più calde.
«Non è più tempo di interventi emergenziali — conclude Petrarolo — ma di risposte strutturali. Serve prevenzione vera, prima che il caldo diventi l’alibi perfetto per abbandonare i lavoratori al loro destino».
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