CIVITAVECCHIA – L’impatto della crisi del Mar Rosso è decisamente negativo. I dati lo confermano ed il rischio è che la situazione possa aggravarsi se non arginata in fretta.

Di questo ha parlato, intervistato dal TgR Mediterraneo in onda nei giorni scorsi, il presidente di MedPorts Pino Musolino, il quale ha evidenziato gli effetti negativi anche e soprattutto per quei porti che normalmente sono più vicini e collegati a Suez. Il Pireo, Trieste, Gioia Tauro, Genova, Marsiglia, Barcellona rischiano di essere paralizzati: perché un conto è sfruttare il canale di Suez, un conto è dover circumnavigare l’Africa e sobbarcarsi costi ulteriori di energia e di noli. I porti del Mediterraneo che rischiano di trovarsi tagliati fuori dai traffici commerciali. Solo per fare un esempio, allungando il viaggio con la circumnavigazione dell’Africa dal Capo di Buona Speranza si passa (prendendo come esempio la rotta Singapore-Rotterdam) da 8500 a 11800 miglia, cioè da 26 a 36 giorni di navigazione. «Non possiamo permetterci uno stravolgimento così inaspettato, radicale e devastante del modo con il quale abbiamo costruito il commercio globalizzato negli ultimi trent’anni - ha confermato il presidente Musolino - non è casuale questa crisi, ma fa parte di un disegno geopolitico e geostrategico che si inserisce in una chiave più ampia di instabilità; questo il quadro, altrimenti non si capisce quanto male possa fare questa azione. È necessario chiudere il prima possibile questo rischio. Oltre i 90 giorni, la crisi rischia di diventare non più contingenza del momento ma crisi strutturale nel medio periodo». L’impatto economico è pesante. In questa crisi si inserisce anche il problema legato al canale di Panama. Il livello dell'acqua da tempo è basso a causa della siccità. E così i funzionari hanno ridotto il numero di navi che possono attraversare il passaggio. Ponendo così seri problemi alle catene di approvvigionamento e ai prezzi delle merci. «La catena è fatta di tanti anelli - ha concluso Musolino - e due di quelli più importanti, rapresentati da Suez e Panama, sono compromessi, con un effetto domino di cui non è possibile prevedere bene l’impatto ma dal quale possono partire dinamiche deleterie».

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