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TARQUINIA - Dovranno essere presentate entro martedì 19 marzo alle 13 le liste in vista delle elezioni all’Università Agraria di Tarquinia.
A poche ore dall’ufficialità il quadro sembra delineato con una corsa a tre.
In campo Giovanni Marchetti, dell’amministrazione uscente del dimissionario Alberto Tosoni, che conta sul sostegno di Ascenzio Benedetti e quindi della candidata sindaca Martina Tosoni e della Lega.
Torna a riprovarci, inoltre, Roberto Fanucci, sostenuto invece da Renato Bacciardi.
In campo anche l’assessore comunale Alberto Riglietti che fa capo a Fratelli d’Italia, al sindaco Alessandro Giulivi e alla consigliera regionale Valentina Paterna.
Fuori, per l’ennesima volta, a quanto pare, il Pd che in una nota chiarisce la sua posizione. «Oggi dopo sette anni di governo di destra, il debito è esploso, la situazione (non ci nascondiamo) già grave prima dell’entrata in carica del presidente Borzacchi, con un bilancio in perdita per circa un milione ed ottocentomila euro è arrivata ad un debito di quasi 4 milioni di euro, destinati a crescere. Si parla di un’azienda non sostenibile, che nel breve termine non sarà più in grado di pagare neanche gli stipendi dei dipendenti e che in virtù dell’attuale normativa in caso di commissariamento obbligherebbe tutti e sottolineiamo tutti i 16.000 cittadini di Tarquinia a farsi carico del debito», affermano dal Pd.
«Facendo i conti della serva - proseguono i democrat - parliamo di circa 350 euro che ciascun cittadino si vedrebbe addebitati tramite cartella esattoriale. Come se non bastasse, sottolineiamo l’irresponsabilità nell’indire delle elezioni nei tempi e nei modi con le quali sono state realizzate: senza l’adeguamento statutario(che è un obbligo di legge da ben 7 anni) e permanendo le stesse modalità elettorali precedenti, l’ente rischia di rimanere ingessato e di far ripetere queste situazioni con ancora maggior frequenza».
«Il Partito Democratico, nella consapevolezza che senza detto adeguamento, e permanendo le attuali modalità elettorali, l’ente rischia di rimanere ingessato perpetuando crisi debitorie e stallo amministrativo, ha cercato con ogni mezzo un accordo di scopo, all’interno del quale tutte le forze politiche avrebbero dovuto fare un passo indietro indicando una squadra di tecnici - un fiscalista, un agronomo ed un avvocato esperti in materia - in grado innanzitutto di modificare lo statuto, così da aggiornarlo alla normativa 168/2017 sui domini collettivi, approvare il bilancio ed indicare delle misure concrete per contenere il debito e risanare l’istituzione».
«Fatto ciò, - proseguono dal Pd - entro un arco temporale breve e predefinito la proposta del Pd prevedeva che si andasse alle votazioni con lo statuto riformato ed adeguato e con un meccanismo di gestione più snello e funzionale alle attuali esigenze dell’ente, formato da un cda che tornasse ad essere solo l’amministratore e l’organo vigilante degli usi civici, senza progetti faraonici o aziendalistici che non si sposano con i fini di un’Università Agraria». «Prendiamo purtroppo atto che ogni tentativo in tale direzione, ispirato al senso di responsabilità verso il vasto patrimonio di usi civici e il bene della comunità sia fallito, scontrandosi con vecchie logiche spartitorie quantomai fuori tempo e fuori luogo per la grave crisi in atto. Per questi motivi il Pd non parteciperà ad alcuna operazione – più o meno dichiarata – che sia finalizzata ad una inutile ed inopportuna spartizione di poltrone».
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