CIVITAVECCHIA - Decine e decine di diffide a presentare la rendicontazione delle spese sostenute per la campagna elettorale stanno arrivando in questi giorni ai candidati al Consiglio Comunale di Civitavecchia delle elezioni del 2014.



Si invita appunto il singolo candidato al consiglio a presentare via Pec o raccomandata, entro quindici giorni dal ricevimento dell’atto del Collegio Regionale di Garanzia della Corte di Appello di Roma, un rendiconto delle spese sostenute o una semplice dichiarazione  - scaricabile dal sito della Corte di Appello www.giustizia.lazio.it (questo è il link per chi non ha sostenuto spese) cercando poi la sezione Collegio Regionale di Garanzia Elettorale - allegando copia del documento di identità, che non sono state sostenute spese da parte del candidato.



In realtà si tratta di un adempimento piuttosto semplice, ma una dimenticanza o l’aver cambiato indirizzo o comunque non rispondere nei termini previsti può costare molto caro: una sanzione addirittura da 25.822,84 euro (il minimo applicabile).



E già in almeno un paio di casi si è purtroppo arrivati a questo secondo step: la prima ondata di diffide venne infatti spedita dalla Corte di Appello già lo scorso anno. Due candidati, che sostengono di non aver ricevuto la busta verde degli atti giudiziari, per aver cambiato residenza, oggi si sono visti recapitare direttamente la maxi multa da oltre 25.000 euro e hanno dovuto impugnare l’atto facendo ricorso in Tribunale.



“Si tratta – spiega il capogruppo della Svolta Massimiliano Grasso – di una situazione determinata dai primi casi di applicazione della nuova norma sulle spese elettorali, la legge 96 del 2012 che mette insieme disposizioni relative alle candidature al Parlamento con quelle dei Comuni con più di 15.000 abitanti. Nel caso delle sanzioni, ad esempio, si applica la legge 515 del 1993, che era appunto riservata a Camera e Senato. Ma mi pare che si tratti di multe del tutto sproporzionate per un candidato alla carica di consigliere comunale, che spesso si mette in lista per puro spirito di servizio o di appartenenza a un partito o un movimento. Questa situazione rischia di diventare un ulteriore disincentivo a partecipare attivamente alla politica ed alla vita istituzionale. Già oggi è difficile trovare persone disposte a mettersi in lista, di fronte alla prospettiva di essere multati per importi che in molti non guadagnano neppure in un anno di lavoro, senza aver fatto nulla di male, se non aver dimenticato di inviare un modello in cui si dichiara di non aver speso nulla, c’è il rischio concreto di allontanare ancora di più i cittadini dalla politica e dalle istituzioni”.



“Peraltro – prosegue Grasso – si tratta di controlli e dichiarazioni per certi versi ridondanti, visto che ad esempio nel mio caso di candidato a sindaco, avevo già trasmesso alla Corte dei Conti, che ha chiuso il procedimento senza trovare irregolarità per nessuno, le dichiarazioni delle spese sostenute come candidato a sindaco e dalle liste che mi sostenevano, per tutta la coalizione. La stessa documentazione era stata inviata anche alla Corte d’Appello che ora però, applicando alla lettera la norma, sta richiedendo le dichiarazioni ad ogni singolo candidato. Un lavoro duplicato, che sta costando migliaia di euro di notifiche e di tempo e lavoro degli addetti della Corte d’Appello, che non farà altro, alla fine che compiere lo stesso lavoro già svolto dalla Corte dei Conti. Altro che semplificazione. Per questo ho già contattato il senatore Andrea Augello chiedendogli  di attivarsi presso la commissione Affari Istituzionali di Palazzo Madama e di presentare un emendamento alla prossima legge elettorale, che presto dovrebbe andare in discussione alle camere, ed invito tutte le altre forze politiche a fare altrettanto per ridimensionare le sanzioni rispetto al tipo di candidatura ed evitare di duplicare costi e lavoro per gli organi di controllo. Bisognerà inoltre studiare anche la possibilità di una sanatoria per le sanzioni che sono già state comminate”.



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