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Incremento annuo di consumo del suolo, il Lazio è tra le sette regioni peggiori d’Italia.
E’ quanto emerge dal nuovo rapporto sul consumo del suolo, redatto e pubblicato da Ispra, l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
Complessivamente nel Lazio è stata consumata l’8,16% della superficie regionale, pari a 140.430 ettari e tra il 2021 e il 2022 ne sono stati ulteriormente consumati altri 485.
La parte del leone, in senso negativo, spetta alla Città metropolitana di Roma che con 70.300 ettari e grazie agli ulteriori 235 consumati nel 2022, detiene il record anche tra tutte le province italiane.
E anche nella graduatoria dei Comuni, Roma si conferma quello con consumo di suolo più elevato anche nel 2022, raggiungendo tra 2021 e 2022, livelli di incremento mai registrati negli ultimi 16 anni, con 124 ettari di consumo netto equivalente, tanto per fare un esempio, alla superficie di 180 campi di calcio.
Se la Capitale incrementa la propria propensione al consumo di suolo, nello stesso periodo 2021-2022 Viterbo si piazza al secondo posto con un aumento di 40 ettari, seguita da Montalto di Castro con 23 ettari.
Nel 2022 il capoluogo della Tuscia si piazza al quarto posto con 2.517 ettari di superficie consumata, dopo Roma 30.394, Latina 4.256, Fiumicino 3.008 e Aprilia 2.558.
L’impermeabilizzazione derivante dal consumo di suolo «non fa che acuire drasticamente i rischi idrogeologici» ha sottolineato Roberto Scacchi, presidente di Legambiente Lazio, che in merito ha rivolto un appello alla Regione: «E’ necessario che si determinino ampliamenti e moltiplicazioni dei parchi regionali, normative per favorire gli abbattimenti degli abusi e politiche per garantire la rigenerazione e lo stop al consumo di suolo, in un grande impegno per la sicurezza delle persone, per la sostenibilità delle urbanistiche e per le generazioni future».
Anche Stefano Laporta, presidente Ispra, lancia l’allarme su un consumo del suolo che «non solo da due anni non rallenta più, ma nel 2022 accelera bruscamente e torna a correre a ritmi che, in Italia, non si vedevano da più di 10 anni. I fenomeni di trasformazione del territorio agricolo e naturale in aree artificiali hanno così sfiorato i 2,5 metri quadrati al secondo e riguardato quasi 77 chilometri quadrati in un solo anno, il 10% in più rispetto al 2021».
Un ritmo insostenibile secondo Laporta e che rappresenta «un grave vulnus per la capacità dell’Italia di adattarsi ai cambiamenti climatici, con territori sempre più fragili».
Il presidente Ispra, oltre a rimarcare «l’assenza di interventi normativi efficaci e della definizione di un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale», evidenzia come un consistente contenimento del consumo di suolo debba essere la premessa «per garantire una ripresa sostenibile dei nostri territori attraverso la promozione del capitale naturale e del paesaggio, la riqualificazione e la rigenerazione urbana e l’edilizia di qualità, oltre al riuso delle aree contaminate o dismesse»