CIVITAVECCHIA – Il centro città è diventato un palcoscenico permanente per un’invasione silenziosa ma onnipresente: quella delle auto nere dei Noleggi con Conducente (NCC). Basta affacciarsi su una qualsiasi via del centro per assistere a una sfilata costante di vetture dai vetri oscurati, in arrivo da ogni angolo d’Italia. Le targhe raccontano una geografia nazionale che va da Pordenone a Trapani, un esercito su quattro ruote che ha trovato a Civitavecchia un terreno fertile dove operare, spesso al di fuori delle regole.

La città invasa: il paradosso delle autorizzazioni

La presenza massiccia degli NCC nel tessuto urbano di Civitavecchia non trova riscontro nel numero di autorizzazioni rilasciate dal Comune. Eppure il traffico è congestionato, le strade costellate di veicoli in sosta, spesso abusiva: nelle zone pedonali, nei parcheggi riservati, negli stalli bianchi. Gli autisti lasciano il mezzo e si allontanano, in barba alla normativa che consente loro solo soste brevi per il carico o scarico dei passeggeri prenotati.

Secondo legge, una volta completato il servizio, il veicolo dovrebbe rientrare nella propria rimessa privata e attendere una nuova chiamata. Ma a Civitavecchia, questo principio sembra ormai carta straccia. Le auto nere non si limitano a transitare: si appropriano fisicamente di spazi pubblici, diventando presenze stanziali in un territorio già fragile dal punto di vista logistico.

Il turismo che non resta

Potrebbe sembrare una conseguenza naturale di un turismo in piena espansione. La presenza del porto crocieristico, gli alberghi di alto livello, i ristoranti sempre pieni, potrebbero giustificare questo movimento. Ma la realtà è ben diversa: Civitavecchia non è una meta turistica, è un punto di transito. I passeggeri delle navi vengono spesso indirizzati altrove, verso Roma o altre destinazioni limitrofe, privando la città di qualsiasi beneficio economico concreto.

Così, mentre i crocieristi si allontanano, Civitavecchia resta con le sue strade occupate da veicoli che trasportano ricchezza lontano. I bed and breakfast ospitano visitatori di passaggio per una sola notte. Il centro storico appare svuotato, vissuto solo da chi, per caso o per errore, decide di fermarsi. E intanto il traffico cittadino esplode, alimentato da veicoli che con il territorio hanno poco a che fare.

Via XVI Settembre: la corsia preferenziale degli NCC

Un esperimento banale, ma rivelatore: percorrere in auto via XVI Settembre, dal centro fino alla stazione, contando gli NCC incrociati. Il numero è sproporzionato rispetto al volume di crocieristi che realmente si fermano in città. E questo lascia spazio a una domanda inevitabile: quanti di questi operatori lavorano nel rispetto delle norme?

La risposta si trova, in parte, al porto. Qui il controllo è pressoché nullo. Gli accessi sono facili, le verifiche sui servizi prenotati quasi inesistenti. I veicoli entrano, girano indisturbati, si fermano ovunque come fossero auto private. Alcuni autisti approfittano della calma per fare colazione, altri si spostano all’ombra in attesa del prossimo giro. Altri ancora trasformano il mezzo in un’officina ambulante per lavaggi e pulizie. Il tutto sotto gli occhi delle autorità, almeno cinque enti ufficialmente preposti al controllo che, nei fatti, sembrano impotenti o disinteressati.

Rimessa a cielo aperto… dentro e fuori dal porto

Il dato più surreale è che alcuni NCC riescono a trasformare il porto stesso in una rimessa improvvisata. In alcuni casi, addirittura davanti alla sede della Guardia Costiera. Furgoni e berline parcheggiati in modo stabile, che restano in attesa senza alcun timore di sanzioni o rimozioni. E mentre il porto diventa uno snodo strategico per gli NCC di tutta Italia, la città si ritrova a pagarne il prezzo più alto: traffico paralizzato, spazio pubblico compromesso, e zero ritorno economico.

Controlli inesistenti, responsabilità sfuggenti

In teoria, ci sarebbero gli strumenti per riportare ordine. Le forze dell’ordine, la Polizia Locale, la Capitaneria di Porto, l’Autorità Portuale. Ma i controlli sono rari, episodici. Quando ci sono, appaiono più formali che sostanziali. E così il fenomeno si è esteso, alimentato da una sostanziale impunità. Civitavecchia si ritrova così ostaggio di una mobilità parallela che non rispetta né il codice né il contesto urbano.

Una città ostaggio della mobilità altrui

Il vero dramma è che tutto questo avviene in una città che, per posizione geografica e storia, potrebbe essere un polo turistico rilevante. Invece resta bloccata, marginalizzata da un sistema che la utilizza solo come punto di passaggio. Gli NCC, che dovrebbero essere strumento complementare al trasporto pubblico, diventano simbolo di una disfunzione più ampia: quella di una città incapace di governare il proprio territorio, lasciando che interessi esterni lo occupino senza regole.

Serve una risposta, urgente e concreta. Servono controlli sistematici, una revisione delle autorizzazioni, e soprattutto serve una strategia che metta Civitavecchia al centro del proprio futuro. In questo modo si continuerà a produrre solo transito e non valore, e le strade saranno dominio delle auto nere, con la città resterà spettatrice passiva del proprio declino.

(A.I.)