CIVITAVECCHIA – «Tanto rumore per nulla o, meglio, tanta attesa per nulla: questo è il risultato ad oggi del tavolo di riconversione avviato in estate sulla riconversione della centrale di Torrevaldaliga Nord. E nel frattempo il tempo passa, la dismissione dell’impianto si avvicina e le risposte non arrivano».

Inizia così la nota di Filt-Cgil, rappresentata da Alessandro Borgioni e Matteo Paradisi, e di Usb, con Roberto Bonomi, che proseguono:

«Il rilancio dell’impianto dovuto all’aumento dei prezzi del gas – spiegano – è stata solo una fase temporanea che avrebbe dovuto consentire l’attivazione di uno sviluppo alternativo, ma così non è stato e la fine del programma di massimizzazione dell’impiego della produzione termoelettrica a carbone sta per riportare tutti a due anni fa. Tra poco i gruppi di produzione inizieranno a fermarsi, Enel taglierà i costi di appalto e le imprese scaricheranno ogni difficoltà sui lavoratori. Ci siamo già passati. Per questo, Filt-Cgil e Usb Lavoro privato, su mandato assembleare, hanno deciso di aprire uno stato di agitazione dei lavoratori addetti alla discarica del carbone, riservandosi di attivare tutte le iniziative che in mancanza di soluzioni praticabili si renderanno necessarie. A tal proposito occorre ricordare che l’unica e concreta proposta al momento esistente per il dopo carbone era stata avanzata appena un anno fa proprio con riguardo ai lavoratori Minosse, attraverso il progetto di Enel Logistics: un vero piano industriale presentato direttamente da Enel alla Regione Lazio, alla quale siamo tornati a rivolgerci con una richiesta di incontro alla Vice Presidenza al fine di proseguire il discorso aperto nel luglio 2022 e conoscere lo stato del progetto, senza però avere alcun riscontro. Non esattamente il modo migliore per tranquillizzare i lavoratori. Riteniamo che il tempo delle chiacchiere, dei progetti solo su carta e dei protocolli che non dicono niente sia abbondantemente scaduto. Con la fase di massimizzazione del carbone, i lavoratori della Minosse hanno ancora una volta assicurato il loro contribuito per rispondere alle esigenze del paese, spesso in condizioni precarie, visti i continui interventi manutentivi che le macchine hanno dovuto subire: ora, quindi, si aspettano soluzioni concrete, da tutti ma in primis dalla politica, affinché siano attivati gli investimenti necessari a realizzare uno sviluppo finalmente sostenibile e a creare quindi nuovi posti di lavoro, capaci di assicurare un futuro dignitoso alle centinaia di famiglie coinvolte dalla chiusura dell’impianto. In mancanza di risposte – concludono duri i sindacati –, ci vedremo costretti ad intraprendere ogni azione a tutela dell’occupazione».

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