di GIULIANA OLZAI
CERVETERI - «Non hanno mai avuto una sola parola per mio figlio hanno esclusivamente pensato a loro stessi e oltre che a occultare tutte le prove hanno occultato anche i loro beni. Io voglio solo giustizia per Marco, perché devono pagare per quello che hanno fatto a mio figlio perché l’hanno fatto soffrire tanto. Per quanto riguarda i loro beni non mi interessa niente. L’unica cosa è che sono schifata in quanto per l’ennesima volta hanno dimostrato che la loro preoccupazione è solo quella del posto di lavoro, dei soldi e salvaguardare i loro interessi economici. Quindi, niente di nuovo. Già nelle prime intercettazioni fatte parlavano di occultare i loro beni. Erano da subito lucidi per occultarsi i beni. Poi hanno avuto anche il modo per poterlo fare in quanto è passato del tempo prima di arrivare all’imputazione. Dimostrano sempre quello che sono. E’ una famiglia avida, priva di sentimenti e non so cosa possano aver insegnato ai loro figli perché finora da quello che è emerso sono come loro. Hanno imparato a vivere come vivono loro. Che insegnamento gli hanno dato?»
Queste le parole di Marina Conte, la mamma di Marco Vannini, che ci tiene a sottolineare che sono condivise anche da suo marito Valerio, alla notizia del sequestro dei beni alla famiglia Ciontoli.
La Corte di Assise di Roma, presieduta dalla presidente Anna Argento e dal giudice a latere Sandro di Lorenzo, ha infatti emesso l’ordinanza che dispone il sequestro conservativo di tutti i beni immobili e mobili nella disponibilità della famiglia Ciontoli, costituita dal capofamiglia Antonio, dalla moglie Maria Pezzillo e dai figli Martina e Federico, in solido tra loro e sino alla concorrenza di 1milione e 150mila euro. La Corte ha ritenuto che i danni eventualmente ipotizzabili a favore delle parti civili costituite, Valerio Vannini, Marina Conte e Fausti Gina, rispettivamente i genitori e la nonna di Marco, è di natura essenzialmente morale per la morte del loro congiunto, e ha così riconosciuto a ciascun genitore 450mila euro, mentre alla nonna 200mila euro. Per la quantificazione del risarcimento sono stati adottati i criteri contenuti nelle tabelle adottate dal Tribunale civile di Roma nel 2015, dove vengono assegnati diversi punteggi a seconda dei parametri ivi indicati.
La Corte è giunta a questa conclusione in quanto ha rilevato che, si legge testualmente nell’ordinanza: «appaiono evidenti l’intenzione e l’attività di depauperamento del patrimonio familiare – posti in essere a seguito dei fatti oggetto di imputazione – desumibili con palese chiarezza, sia dalle cessioni di beni immobili, a titolo oneroso e gratuito, operate dalle Pezzillo, sia dalla recentissima iscrizione di ipoteca, per l’ammontare di 160mila euro, sulla casa di Ladispoli, a garanzia di un mutuo da loro ottenuto dalla Ing. Bank, con conseguente, oggettiva, diminuzione di valore dell’immobile».
In effetti dalle visure catastali allegate all’istanza, eseguite su tutto il territorio nazionale, si evidenzia come la Pezzillo ha ridotto drasticamente nell’arco di un anno il proprio patrimonio ben evidenziato da un accertamento catastale fatto in data 8 luglio 2015 dove risultava proprietaria di diversi immobili. Attualmente in regime di comunione dei beni col consorte risultano in possesso solo dell’abitazione a Ladispoli, gravata come abbiamo evidenziato dall’ipoteca per un mutuo di 80mila euro, ottenuto nel febbraio 2016, mentre è ancora nella disponibilità della sola Pezzillo un piccolo appezzamento di terreno a Caserta. La donna il 4 febbraio 2016 ha venduto due fabbricati siti sempre a Caserta e ne ha alienato per donazione altri due siti in San Nicola La Strada in data 31 luglio 2015. Come è evidente tutti i beni sono stati alienati prima del rinvio a giudizio avvenuto il 4 marzo 2016.
La Corte ha invece rigettato l’istanza nei riguardi di Viola Giorgini in quanto ha rilevato che la condotta pregiudizievole evidenziata per i Ciontoli non è ravvisabile nei suoi confronti, non essendo stato fornito alcun elemento indicativo in tal senso.
Sintetica e lapidaria la dichiarazione dell’avvocato Mauro De Carolis, legale del papà di Marco: «La questione economica è sempre stata l’unico pensiero della famiglia Ciontoli che, ha barattato la vita di Marco pur di salvaguardare la propria posizione lavorativa e patrimoniale. I Ciontoli e la signora Pezzillo hanno avuto solo la preoccupazione di chiudere i conti correnti, alienare gli immobili e spossessarsi dei propri beni. Ribadisco che le condotte poste in essere dagli imputati sono riprovevoli e attestanti una spiccata propensione a delinquere».