Resta in carcere Giulio Camilli, il 73enne accusato di aver ucciso la moglie, Rosa D’Ascenzo. L’uomo lunedì sera si è presentato al pronto soccorso dell’ospedale Andosilla con la moglie che era ormai già morta. Ai medici ha detto che era caduta dalle scale ma la sua versione non ha convinto i sanitari che hanno avvertito i carabinieri. I militari giunti a casa della coppia, un casolare isolato a Sant’Oreste, hanno trovato tracce di sangue sulla porta, in cucina e in diversi utensili, compresa una padella con la quale potrebbe aver colpito la moglie. Il gip del tribunale di Tivoli, competente per territorio, scrive che “in sede di interrogatorio, l’indagato ha affermato di non ricordare nulla, neppure i suoi dati anagrafici, sostenendo di avere un forte mal di testa e di non essere neppure in grado di firmare il verbale, che poi, invece, firmava senza alcuna incertezza o difficoltà, su sollecitazione del difensore. Appare evidente, sulla scorta degli elementi sopra compendiati, la totale falsità della ricostruzione dei fatti fornita nell’immediatezza ai sanitari e alla polizia giudiziaria, siccome del tutto incompatibile con le ferite presenti su tutto il corpo della donna”. Il gip sottolinea inoltre che nell’immediatezza il personale medico “ha ribadito la certa incompatibilità delle ferite lacero contuse riscontrate sul cranio della povera vittima e su tutte le parti del corpo, ecchimosi a ridosso delle mani, delle gambe, al tronco e agli arti superiori, con segni addirittura riconducibili a morsi provocati da una persona, con la caduta …”, per cui “appare evidente … la totale falsità della ricostruzione dei fatti fornita nell’immediatezza ai sanitari e alla polizia giudiziaria”.

Secondo il giudice Giulio Camilli, che si è trincerato nel silenzio, in sede di interrogatorio non sarebbe apparso affatto “confuso o agitato”, ma solo “chiuso in un volontario silenzio, determinato a non collaborare in alcun modo con la autorità”.