TARQUINIA - Campane a festa oggi a Tarquinia per celebrare il Risorto. Nella domenica di Pasqua, la città del poeta Vincenzo Cardarelli celebra la Processione del “Cristo che corre”.

Per le vie del centro storico viene trasportata a passo spedito, quasi di corsa e tra due ali di folla, una pregiata statua del Cristo Risorto, di rarissima bellezza, che durante l’anno viene conservata nella Chiesa seicentesca di San Giuseppe.

Arduo l’impegno dei portatori, ruolo che si tramanda da padre in figlio, con un compito che implica forza, perché il peso della macchina con la statua è di circa 5 quintali. Necessario anche il rigore, in quanto la caratteristica della processione è proprio il passo sostenuto, tanto da indicarla ormai come la Processione del “Cristo che corre”. Un capo macchina ha la responsabilità di curare il corretto svolgimento del corteo, coordinando i portatori affinché seguano il giusto ritmo, che porti la Statua alla buona andatura, a tempo con la musica, in modo tale che “la corsa del Cristo” si svolga sempre all’altezza della tradizione e delle aspettative di una moltitudine di gente che si riversa per le strade della città, giungendo da ogni dove. E’ una festa che coinvolge tutti, anche coloro che, più critici e razionali, vorrebbero, ma inutilmente, mantenere la loro freddezza. Non è possibile: in quel breve momento in cui la statua passa davanti ad ogni spettatore, è veramente come assistere ad un trionfo, il trionfo dell’anima sul corpo, il trionfo del bene sul male, il trionfo della vita sulla morte. E’ un coinvolgimento che scaturisce dalla parte più intima e più profonda dell’essere. La statua è infatti ricca di dinamismo e quel passo deciso e trionfante che sembra andare incontro ai fedeli ben si collega al passo rapido dei portatori della macchina sostenuto dalle note della “Marcia della Risurrezione” suonate dalla banda cittadina Giacomo Setaccioli.

Il celebre poeta Vincenzo Cardarelli nel “Sole a picco” ha descritto questo momento come il “Cristo che molleggia, portato a spalla sopra un mare di teste come nave in mezzo alla burrasca, si volta, e col braccio alzato posa un momento a benedire il popolo genuflesso».

Il momento più emozionante è certamente l’arrivo della statua del Cristo Risorto sulla piazza, dopo un percorso in salito a ritmo sostenuto. Dopo una breve pausa il Cristo lentamente si volta; lo sguardo oltrepassa la folla, e va verso il mare e la campagna, quella campagna che con i suoi raccolti è fonte di vita e di benessere per la buona parte dei tarquiniesi. La sua benedizione, vincendo la distanza, giunge alla terra lavorata, ai campi di grano. Cristo conosce il lavoro, perché la sua infanzia e la sua giovinezza le ha passate nell’umile bottega di San Giuseppe, e sa quanto sia importante nella vita di tutti gli uomini. Con quell’ampio gesto benedicente, si rivolge a tutti i lavori senza distinzione. E’ qualcosa di indescrivibile, anche perché a questo attimo magico fa seguito l’applauso della folla, il suono del “campanone di piazza” e delle campane di tutte le chiese di Tarquinia.

LE COMPONENTI DELLA PROCESSIONE Apre la Processione la squadra degli Sparatori, che imbracciano fucili caricati a salve e sparano coriandoli. Una componente originale di questa processione è poi quella dei portatori dei Tronchi, grandi croci con ghirlanda di fiori. Si tratta di croci il cui peso si aggira dai settantacinque ai novantacinque chili. Di notevole altezza (la più grande raggiunge circa 5 metri), il loro trasporto richiede una grande abilità e forza per non essere sbilanciati durante il trasporto. É una dimostrazione di forza, di abilità e di resistenza. Anche il compito degli sparatori e dei portatori di tronchi si tramanda, nei limiti del possibile, all’interno della famiglia. Fanno parte della processione anche i portatori dei Lampioni e lo Stendardino, e la Banda.

LA STATUA La statua del Cristo racchiude in sè una complessa simbologia. Poggia su una nuvola di colore argento che ben rende l’idea del movimento della Risurrezione, momento in cui Cristo entra nella gloria. Dietro la statua una grande raggiera dorata simboleggia la luce divina che si irradia sull’umanità diventata, come dice San Paolo, “figlia della luce”. L’aspetto del Cristo è quello di un uomo piuttosto alto per i tempi in cui la statua venne scolpita (m. 1,78), nel pieno delle forze, con il braccio destro alzato in segno di saluto e di benedizione. Come fa notare Don Ugo Senigagliesi, il gesto ricorda l’apertura delle braccia del sacerdote nella celebrazione dell’Eucarestia, nella recita del Padre Nostro, nel segno della pace, ovvero nei segni più espressivi della comunione di Cristo con la Chiesa. Il corpo è parzialmente rivestito da un drappo rosso porpora posto sulla spalla sinistra. Il colore ha un significato ben preciso, infatti il rosso è simbolo del sangue versato dai martiri, mentre il porpora simboleggia la regalità ed il sacerdozio. Il bianco vessillo della rossa croce, sostenuto dalla mano sinistra, sventola sotto l’azione di un vento invisibile che sembra trasportare il messaggio di pace del Cristo fino alle più remote terre del mondo.

L’ITINERARIO Il corteo come ogni anno, parte intorno alle 18, proprio dalla chiesa di S. Giuseppe, nel cuore del centro storico di Tarquinia. L’itinerario prevede, secondo tradizione, un passaggio davanti all’ospedale per offrire la benedizione ai malati, quindi il rientro all’interno delle mura cittadine, attraverso Corso Vittorio Emanuele, con il trasporto in salita che rappresenta il momento più faticoso e più carico di pathos, fino alla sosta davanti al palazzo comunale, per consentire anche ai portatori una pausa. Il corteo processionale vede il suo culmine, come sempre, nel momento solenne dell’affaccio della statua cristologica verso il mare, istante carico di tensione religiosa, per offrire la benedizione alle campagne. La conclusione della benedizione come sempre viene sottolineata dal rintocco a festa delle campane del palazzo comunale e delle chiese tarquiniesi. Il percorso trionfale della statua del Cristo Risorto si chiude poi con il rientro nella chiesa di San Giuseppe.

Presiederà la solenne processione, il vescovo della Diocesi di Civitavecchia -Tarquinia Monsignor Gianrico Ruzza, saranno inoltre presenti le autorità civili e militari del territorio. Anche quest'anno la Ermes wifi supporterà la trasmissione in streaming: basta collegarsi al sito www.ermeswifi.it

LA LEGGENDA Secondo quanto afferma una diffusa tradizione, che quasi storicamente può dirsi vera, la Statua del Signore Risorto fu commissionata a Tarquinia dalla Corporazione dei Falegnami. Ancora oggi i portatori della Macchina indossano un camice azzurro simile a quello che vestivano per le cerimonie pasquali coloro che facevano parte della Corporazione dei Falegnami. La leggenda narra che i cornetani, per ricordare la Risurrezione, avessero dato l’incarico ad uno scultore che stava scontando una pena a vita in carcere, di scolpire nel legno un Cristo Risorto, superiore in bellezza a quanti già ne esistevano. Quando l’opera fu seguita, il Signore prodigiosamente parlò all’artista per chiedergli dove avesse visto un’altra statua così bella e lo scultore, senza esitare, sembra che avesse risposto di averla veduta a Lucca. Racconta ancora la leggenda, che per impedire all’artista di fare, in seguito, una nuova statua della Resurrezione, identica a quella scolpita o anche più bella, venisse spietatamente accecato. In un primo momento, quindi, tutte le ricerche basate sulla leggenda, cioè sull’indicazione che aveva dato l’infelice scultore, furono svolte nella città di Lucca, in quanto quegli aveva dichiarato che lì si trovava il suo modello. Anche alcuni cittadini tarquiniesi seguirono quella pista, ma senza risultato positivo.

LA STORIA Le prime notizie certe sulla Processione risalgono al 1778, infatti, in un manoscritto rinvenuto negli archivi della Società Tarquiniese d’Arte e Storia, si legge già che in quel tempo esisteva una Statua della risurrezione (di cui nel corso degli anni si sono perse poi le tracce), che poteva essere portata in processione soltanto dagli appartenenti alla Corporazione dei Falegnami. Probabilmente prima di tale statua, verso il 1635, anno in cui fu conclusa l’edificazione della Chiesa di San Giuseppe che era stata iniziata nel 1619, si portava in processione un “paliotto” con dipinta l’immagine della Risurrezione. Il cittadino Lorenzo Balduini avanza l’ipotesi che potrebbe essere quel ligneo conservato nell’anticappella di Palazzo Vitelleschi, opera del pittore Monaldo da Corneto (XVI sec.), sebbene tale teoria non trovi riscontro in nessuna documentazione. Lo stesso Balduini è stato l’autore di una appassionata ricerca volta a conoscere l’autore della statua che ancora oggi si porta in processione, ricerca conclusasi felicemente con l’attribuzione certa dell’opera allo scultore di legno Bartolomeo Canini il quale si valse di un modello in gesso dello scultore Pietro Tenerani. Il simulacro costò alla Confraternita di San Giuseppe, che l’aveva commissionata, la somma di 122 scudi romani. La data scritta sotto il piedistallo della statua, 1832, testimonia l’anno in cui venne terminata.

Il positivo esito della ricerca ha dato però un duro colpo alle leggende fiorite nel corso dei secoli sulla statua e sul suo autore, ma non ha scalfito il legame di fede che unisce i tarquiniesi al loro Cristo Risorto.

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