TARQUINIA – Hanno ripercorso tutte le principali tappe che hanno preceduto la morte del giovane Edoardo Costa, il 18enne di Tarquinia deceduto il 26 aprile del 2016 a seguito di una fibrillazione ventricolare che gli fu fatale.

Ieri mattina in udienza davanti al giudice Nappi del tribunale di Civitavecchia, Cristiana e Carmelo hanno risposto alle domande, rivivendo il dolore per la tragica morte di un figlio che attende ancora di essere chiarita.

Il processo a carico di due medici del Bambino Gesù accusati di omicidio colposo ieri non ha affrontato questioni tecniche, che saranno invece sviscerate nella prossima udienza del 14 settembre quando saranno sentiti il consulente tecnico, dottor Cipolloni, e il dottor Del Gaudio che hanno effettuato l’esame autoptico sul corpo di Edoardo.

Ieri invece è stata mamma Cristina che per oltre un’ora ha raccontato come sono andate le cose quella mattina del 26 aprile, e soprattutto tutto quanto accaduto nei mesi e nei tre anni precedenti, quando Edoardo venne preso in cura dai medici per un’aritmia che per mamma Cristina e papà Carmelo, rappresentati dall’avvocato Jacopo Macrì dello studio Perroni e associati e dagli avvocati dello studio Sgromo, non sarebbe mai stata approfondita con una diagnosi definitiva.

Due infatti gli elementi ribaditi in aula: da un lato la sospensione della terapia cui era sottoposto Edoardo, avvenuta pochi mesi prima del decesso; e l’approccio diagnostico ritenuto dai genitori del ragazzo molto morbido, in virtù del fatto che negli anni precedenti sono stati avviati degli accertamenti che per motivi diversi non hanno dato alcun esito definito: in un caso venne rilevata una cicatrice al livello polmonare che non venne successivamente approfondita e nell’altro una risonanza magnetica mai giunta a risposta definitiva in quanto le aritmie impedivano di ottenere un risultato certo. Circostanze rimaste in sospeso, «in una sorta di limbo», ha detto mamma Cristina, e che forse meritavano ulteriori approfondimenti.

«Invece – ha detto Cristina – andavamo avanti solo con controlli di routine». “Nessuno mai ci aveva messo in allarme rispetto allo stato di salute di Edo – hanno detto Cristina e Carmelo -  nessuno aveva mai ipotizzato che dietro a questa sintomatologia ci potesse essere una patologia più grave e più importante. Dopo la prima fase diagnostica è stato un limbo, abbiamo fatto solo controlli di routine. Finché il 29 gennaio abbiamo chiesto conto della terapia, visto che il ragazzo non migliorava. Fu quello il momento in cui il medico decise per la sospensione della terapia. Successivamente, a fronte di un peggioramento, la terapia non venne ripristinata. Venne disposto un ulteriore controllo per il 19 maggio, ma Edo a quella data non ci è mai arrivato perché se ne è andato il 26 aprile”.

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