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La Regione Lazio ha impugnato la sentenza del Tar che ha accolto il ricorso del Comune di Viterbo contro il dimensionamento scolastico dell’Istituto Carmine.
Nel ricorso, la Regione chiede al Consiglio di Stato anche la sospensiva dell’efficacia di quella sentenza.
A renderlo noto è la sindaca Frontini secondo cui «l’ulteriore ricorso, non è solo uno schiaffo ai cittadini viterbesi ma l’ennesimo colpo alla fiducia verso un’istituzione sempre più lontana e distante dai bisogni della gente».
La sindaca sottolinea che «avevamo fornito un grande assist: bloccare quel dimensionamento scellerato e lavorare, per bene, insieme, per il 2026. Invece no, si è preferito fare appello. La Regione, e i suoi rappresentanti del territorio della maggioranza di governo, hanno perso la grande occasione di dimostrare che stanno dalla parte dei cittadini, che difendono il territorio e il mondo della scuola. Hanno perso l’occasione di fare la cosa giusta. E noi continuiamo a combattere».
Per il vicepresidente del consiglio regionale, Enrico Panunzi (Pd) il ricorso della Regione è «un atto che certifica, ancora una volta e qualora ce ne fosse bisogno, quanto per la maggioranza regionale siano irrilevanti le esigenze del territorio e i reali bisogni delle comunità locali, espressi con atti formali da enti istituzionali rappresentativi degli stessi. Non si tratta di tutelare un principio astratto o di difendere un provvedimento tecnico: qui si parla della sopravvivenza di un presidio educativo essenziale per il nostro territorio». Secondo Panunzi «la sentenza del Tar restituisce centralità alla scuola, riconoscendone il valore sociale, formativo e culturale. Impugnarla e chiederne la sospensiva è una scelta che va in direzione ostinata e contraria al bene comune, dettata unicamente da logiche di partito e fedeltà alla casacca politica». Panunzi sottolinea inoltre che «la delibera regionale sul dimensionamento è nata in contrasto con le decisioni assunte dal consiglio provinciale e dai consigli comunali. Nessun vero confronto, nessun ascolto: solo un’imposizione dall’alto, che mette a rischio un presidio fondamentale per la crescita dei nostri ragazzi. La sua sospensione, ordinata dal Tar - prosegue - rappresenta un’opportunità. Un’occasione per riflettere, per correggere, per costruire una proposta diversa, più giusta, più condivisa. Una proposta che tenga insieme qualità dell’offerta formativa e radicamento scolastico nelle nostre città. Scegliere di impugnare quella sentenza significa ignorare tutto questo. Significa voltare le spalle al territorio, alle famiglie, agli studenti».