FIUMICINO - Equilibri biologici “sconvolti” e acque costiere del Mediterraneo che si trovano oggi al centro di una trasformazione silenziosa ma profonda. La comparsa sempre più frequente di specie aliene marine — organismi non originari dei mari italiani— pone una sfida concreta, con conseguenze rilevanti per la salute degli ecosistemi e per la tenuta delle attività economiche locali. Il granchio blu (Callinectes sapidus) rappresenta un e

sempio emblematico. Questo crostaceo, originario della costa atlantica americana, figura oggi tra le specie aliene più diffuse nel Mediterraneo. In grado di adattarsi con facilità ha trovato, anche nelle acque salmastre di Fiumicino, un habitat favorevole, colonizzando anche aree interne come la darsena del porto. Ma non è l’unico ospite inatteso.

Oltre venti specie aliene marine sono state individuate lungo la costa laziale: vermi, crostacei, molluschi e pesci esotici, spesso introdotti in maniera accidentale attraverso le acque di zavorra delle navi o il traffico marittimo.

Oltre all’impatto diretto sulla biodiversità e sulle risorse ittiche tradizionali, l’arrivo di queste specie introduce un nuovo scenario: l’uomo deve confrontarsi con un ambiente marino in continua evoluzione. La loro presenza richiede un adattamento rapido e spesso complesso.

I pescatori si vedono costretti a modificare le tecniche per proteggere le attrezzature e limitare catture non redditizie e diversi operatori del settore hanno dovuto ripensare i propri modelli produttivi. Anche il turismo balneare mostra segnali di vulnerabilità: la presenza di specie urticanti o potenzialmente pericolose alimenta un senso di allerta, con possibili effetti sulle abitudini dei bagnanti.

La coesistenza con le specie aliene non può essere evitata ma , il fenomeno può essere gestito in modo consapevole. La ricerca scientifica offre strumenti per comprendere le dinamiche di diffusione e valutare gli effetti ecologici. In parallelo, campagne informative permettono di affrontare i cambiamenti e, in alcuni casi, di trasformare i problemi in opportunità. Comprendere il mare, oggi più che mai, significa saper interpretare i suoi cambiamenti con lucidità e attenzione.

Per conoscere meglio i segreti degli abissi abbiamo chiesto info agli esperti dell’Università di Pavia che Domenica 18 maggio, a partire dalle 10.00, presso la piazzetta centrale del Porto Turistico di Ostia, terranno un evento di citizen science nell’ambito del progetto Horizon Europe GuardIAS (Guarding European Waters from Invasive Alien Species), con lo scopo di informare sulle specie aliene presenti e sulle possibili strategie per limitare la loro dispersione, nonché le modalità di collaborazione tra cittadini e scienziati. A parlare è Jasmine Ferrario, ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente (Università di Pavia).

Quali sono le specie aliene che abitano i mari delle nostre coste?

«Le specie aliene marine nel Mediterrano sono circa 1000. Il Mediterraneo è considerato un punto caldo per specie aliene e il mare più invaso al mondo. Diventa quindi difficile specificare quali siano le specie aliene, sono davvero tante! Nell’ambito del Porto di Roma, nel 2015 avevamo identificato 9 specie aliene di macroinvertebrati, l’ascidia solitaria Styela plicata; i briozoi Amathia verticillata e Celleporaria brunnea; i crostacei Amphibalanus improvisus, Caprella scaura e Paranthura japonica; il mollusco bivalve Anadara transversa; e i policheti serpulidi Hydroides dirampha e Hydroides elegans. Queste sono tutte specie aliene tipiche di ambiente portuale e ormai molto comuni nel nostro mare. I traffici marittimi globali sono iniziati in tempi molto antichi e tante specie sono state introdotte inconsapevolmente con le antiche imbarcazioni in legno (come cirripedi o policheti serpulidi), tanto che spesso è difficile capire se una specie è nativa o aliena di una determinata area.».

Quali sono i pericoli in cui possiamo imbatterci nella convivenza con questi animali?

«Non tutte le specie aliene possono causare conseguenze negative, molte hanno degli impatti impercettibili all’inizio, ma potrebbero, nel tempo, portare ad una alterazione della biodiversità e ad un’alterazione degli ecosistemi. Altri impatti, possono essere legati alla salute umana (come il consumo di specie ittiche tossiche o la presenza di animali urticanti), con ripercussioni anche sull’economia (es. turismo, produzioni, danneggiamento di infrastrutture a mare)».

Il fenomeno delle specie aliene è in crescita o si stanno adottando delle precauzioni per evitare che ciò accada?

«L’introduzione delle specie aliene è considerata la seconda causa di perdita della biodiversità a livello mondiale, è un fenomeno sicuramente in aumento ed esacerbato anche dai cambiamenti climatici, che rendono il nostro mare sempre più ospitale per specie ad affinità calda. A livello globale alcuni vettori di introduzione delle specie aliene sono stati regolamentati, come per l’acquacoltura e le acque di zavorra (vedi Ballast Water Convention), ma altri vettori sono ancora poco considerati e per niente regolamentati. Uno tra tutti, e quello del fouling (ovvero le incrostazioni di strutture artificiali immerse in acqua, come le chiglie). Il fenomeno del fouling è considerato il più pericoloso a livello mondiale, proprio perché non regolamentato e un progetto dell’International Maritime Organization, è proprio dedicato a questo. Le chiglie e altre strutture delle imbarcazioni immerse in acqua vengono facilmente colonizzate da vari organismi, trasportati da un porto all’altro in modo inconsapevole e incontrollato».

Ci sono anche dei benefici rispetto a questo fenomeno o la presenza di specie aliene è esclusivamente un fattore negativo?

«Esistono degli impatti positivi: per esempio è stato osservata una migliore qualità delle acque dovuta alla presenza di particolari alghe aliene nella laguna di Venezia, per non parlare poi del beneficio economico nell’allevare volontariamente specie aliene in acquacoltura (es. vongola delle Filippine e ostriche giapponesi); ma gli impatti negativi sono quelli più preponderanti».

Ci sono dei comportamenti che adottiamo quotidianamente, anche nei piccoli gesti, che hanno influenzato la proliferazione delle specie aliene?

«Il rilascio volontario di specie vive in natura o l’uso di esche vive per la pesca possono essere causa di introduzione di specie aliene, nonché una cattiva gestione della pulizia degli scafi delle imbarcazioni a scopo ricreativo.”

Se ci si dovesse imbattere in una forma di vita marina che non conosciamo a chi dobbiamo rivolgerci per segnalarla?

«Si può utilizzare la famosa app iNaturalist, utilizzata spesso dai ricercatori e anche noi con GuardIAS abbiamo attivato un progetto proprio su questa piattaforma: https://www.inaturalist.org/projects/aquatic-invasive-alien-species-occuring-in-europe».

Quali sono le possibili modalità per i cittadini di collaborare con gli scienziati?

«Partecipazione a eventi informativi, attività di citizen science, utilizzo di app di segnalazione di specie. Molto note negli atenei di tutta Italia sono gli eventi legati alla Notte Europea dei Ricercatori e le attività legate al Festival dello Sviluppo Sostenibile di Asvis».