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ORTE – Un grido d'allarme direttamente al Quirinale. I comitati pendolari Orte e Teverina hanno inviato una lettera accorata al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, denunciando una situazione insostenibile che affligge oltre mille famiglie di lavoratori, studenti e persone in cura che ogni giorno si recano a Roma in treno. La missiva, ricevuta e pubblicata, evidenzia una mancanza di ascolto da parte delle istituzioni e un peggioramento progressivo del servizio ferroviario che rischia di compromettere seriamente la vita di migliaia di cittadini. «Nessuno ha preso in seria considerazione le nostre richieste, né ha veramente compreso la gravità della situazione cui stiamo andando incontro», si legge nella lettera indirizzata al Presidente. I comitati puntano il dito contro il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, gli amministratori delegati di Rfi e Trenitalia, e l'Autorità di Regolazione dei Trasporti, accusandoli di non aver mai instaurato un dialogo costruttivo nonostante le numerose sollecitazioni. I pendolari utilizzano quotidianamente i treni "Regionali veloci" che collegano Lazio, Umbria, Marche e Toscana con Roma, transitando per Orte, definito da Ferrovie dello Stato un "nodo ferroviario strategico". Storicamente, questi treni viaggiano sulla linea "Direttissima", impiegando tra i 35 e i 45 minuti per raggiungere la Capitale. Il problema principale, secondo i comitati, risiede nella programmazione di un trasferimento definitivo dei treni sulla linea "convenzionale", o "lenta", già sovraccarica per la presenza di treni ad alta frequentazione da e per Fiumicino e che effettuano numerose fermate intermedie.
Già da diversi mesi, a causa dei lavori sulla "Direttissima", i pendolari sono costretti a subire «forti disagi quali: ritardi, cancellazioni, instradamenti in linea lenta senza preavviso, viaggi in piedi a causa del sovraffollamento dei treni". A peggiorare il quadro, la denuncia di "materiale rotabile vetusto con servizi igienici, sistemi di areazione e condizionamento spesso non funzionanti». Le conseguenze di questi disservizi si ripercuotono pesantemente sulla vita personale dei pendolari: perdita di giorni di ferie per giustificare i ritardi, impossibilità di rispettare appuntamenti familiari con figli e genitori anziani, e interruzione di attività sociali. Molti stanno addirittura tornando all'auto privata, con un impatto negativo sull'ambiente e sui bilanci familiari. La situazione, già "tragica", è resa "inaccettabile" da una delibera dell'ART (la n. 178/2024) che, a partire dal cambio orario di dicembre 2025, dirotterà definitivamente i treni sulla linea lenta. Questo comporterà un aggravio dei tempi di percorrenza casa/lavoro di ben 35 minuti all'andata e 35 minuti al ritorno. Secondo i comitati, questa "scellerata decisione" è dettata esclusivamente da «motivi economici: privilegiare i treni a mercato dell’Alta Velocità anche in vista dell’ingresso di concorrenti esteri, a totale discapito della mobilità sostenibile dei pendolari delle regioni del centro Italia». Nonostante l'attenzione di alcune figure politiche locali, provinciali, regionali e parlamentari che hanno tentato di sensibilizzare le Ferrovie dello Stato sulla problematica, i comitati ritengono che gli attori principali di questa manovra stiano perseverando nel loro intento, «calpestando il nostro diritto di cittadini di vivere nel nostro territorio, e disattendendo anche le indicazioni europee che vanno verso l’incentivazione di una mobilità sostenibile».
«Come avrà capito, presidente, noi siamo disperati», scrivono i pendolari, sottolineando di non aver mai voluto disturbare la figura del presidente, ma che, alla luce di quanto esposto, senza un «intervento autorevole e di altissimo profilo, come il suo», non sarà possibile impedire il "tragico epilogo" che si profila a dicembre 2025.
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