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Il regolamento per l’erogazione di contributi e ausili finanziari, con integrazioni relative alle convenzioni con associazioni operanti nel settore cultura, dopo il passaggio nei giorni scorsi in quarta commissione, ieri è tornato a essere dibattuto in prima. Come sempre quando si va a trattare un regolamento, il doppio passaggio è d’obbligo, uno per la valutazione nel merito e l’altro nel metodo. Anche se, di fatto, le due commissioni sono per lo più una la fotocopia dell’altra. “Prassi” rispettata anche stavolta, pure per quanto riguarda il voto: approvata dalla maggioranza con l’astensione dell’opposizione. L’unica differenza, rispetto alla quarta commissione, è stata che nell’illustrare ieri la proposta, l’assessore alla Cultura Alfonso Antoniozzi ha già tenuto in considerazione il suggerimento, arrivato nella precedente riunione dalla minoranza, di prevedere due differenti bandi di convenzione. Suggerimento che era stato proposto quando il vicesindaco, come fatto anche ieri, ha spiegato l’intenzione «di estendere le convenzioni anche ad associazioni nate da poco con però al loro attivo eventi di richiamo oppure esistenti da tempo che però non hanno la necessaria forza economica richiesta dai criteri del regolamento attualmente in vigore». Finora infatti per accedere alle convenzioni con il Comune erano richiesti un’operatività nel settore delle iniziative culturali di almeno 10 anni e un budget non inferiore a 30mila euro. Paletti stringenti che tenevano fuori dalla possibilità di ottenere contributi, tramite convenzione, realtà di provata esperienza ma con budget inferiori. Ora con il nuovo regolamento si intende prevedere due tipologie di bandi per convenzioni: uno per le “grandi” associazioni e uno per quelle più piccole sotto il profilo temporale di operatività ed economico. Diverse le somme a disposizione per i due bandi: circa 125mila euro per le realtà già “affermate” e attorno agli 80mila per le nuove, che devono comunque vantare un budget di 10mila euro. Antoniozzi ha poi tenuto a puntualizzare - «una specifica forse sfuggita quando la delibera è stata illustrata la prima volta» - che «le convenzioni stipulate dal Comune riguardano la singola proposta di evento che ci viene presentata, non è una convenzione con l’associazione».
Ancora una volta il dibattito si è particolarmente incentrato sul fatto che non è possibile presentare emendamenti in commissione ma occorre attendere di farlo in consiglio comunale. A riaprire la querelle, la capogruppo di Fratelli d’Italia Laura Allegrini che, pur apprezzando «le modifiche apportate alla bozza», ha annunciato l’astensione del suo gruppo ribadendo di non essere d'accordo sul non poter presentare emendamenti «perché le commissioni non sono gruppi di lavoro. Si vota un testo che già si sa che sarà modificato in consiglio». La capogruppo di maggioranza Melania Perazzini, spiegando che «non è possibile apportare emendamenti in commissione, come previsto dal regolamento comunale», ha anticipato che «prossimamente si terrà una capigruppo per discutere proprio di questo tema». Per Alvaro Ricci, capogruppo Pd, «è prassi consolidata che si possano presentare emendamenti in commissione, poi vengono votati e la modifica arriva in consiglio con il parere favorevole o meno della commissione». E Luisa Ciambella, capogruppo di Per il Bene Comune, ha esortato a cercare a breve un chiarimento per evitare che si continuino a fare «discussioni pleonastiche» e dirimere definitivamente la questione. La puntualizzazione del presidente di commissione Luigi Gioiosi - «in commissione si può discutere un emendamento ma senza toccare il testo, che può essere modificato solo in sede di consiglio» - la querelle si è conclusa per passare alla votazione: via libera dalla maggioranza e l’astensione della minoranza. In trattazione anche l'approvazione del regolamento sulla privacy in attuazione delle norme comunitarie. Un argomento prettamente tecnico su cui sono intervenuti prima l'assessore Katia Scardozzi poi il dirigente Mauro Vinciotti. Per una spesa di poco superiore ai 10mila euro è stato deciso di affidare l’estensione del regolamento con l'individuazione di un Dpo, acronimo inglese che in italiano indica il responsabile della protezione dei dati che si deve occupare di garantire la corretta gestione e il rispetto della privacy. «Un regolamento che - ha sottolineato Vinciotti - che disciplina il complesso di norme per una gestione dei dati trasparente, legittima e sicura. Uno strumento che, oltre al rispetto delle norme comunitarie, vuole fungere anche da spinta verso una rivoluzione culturale e digitale dell'ente». Forse anche per la complessità dell’argomento, molto tecnico, il regolamento è stato approvato senza discussione.