ENRICO CIANCARINI

CIVITAVECCHIA – Sessant’anni fa, nel segreto delle stanze ministeriali romane, si concepiva un piano criminale: la “sollecita eliminazione totale del molo del Lazzaretto” esistente nel porto di Civitavecchia per ampliare lo spazio a disposizione dei traghetti per la Sardegna.

È un articolo di Aldo Maffey, giornalista e storico, apparso su Il Messaggero del 6 marzo 1964 a lanciare l’allarme: “Vogliono gettare a mare perfino i resti dell’antico porto romano di Civitavecchia. La proposta di distruggere il Molo del Lazzaretto viene addirittura da tre ministeri: Lavori Pubblici, Marina Mercantile e Trasporti. Il Ministero della P.I. si oppone. Il progetto è assurdo e inutile. Proteste di Italia Nostra e dell’Associazione archeologica italiana”.

Lo studioso affermava che “è in pericolo un’opera della quale, descrivendola minuziosamente, come fa Plinio il Giovane, scrittori antichi e moderni parlano con ammirazione, lodando colui che la volle, l’imperatore Traiano, e tributando un giusto elogio agli architetti, oggi sconosciuti, che certamente numerosi e per lunghi anni vi lavorarono in testa a folle di schiavi”.

Proseguendo la lettura, si scopre che già quattro volte negli anni passati (1951, 1957, 1960 e 1961) i funzionari ministeriali avevano tentato di far approvare la distruzione delle antiche strutture portuali dello scalo civitavecchiese. A questo si erano sempre opposti i funzionari del ministero della Pubblica Istruzione e quelli delle Sovraintendenze.

Sono l’Associazione archeologica italiana e Italia Nostra che “suonano il campanello d’allarme, fortemente preoccupate” per i monumenti portuali. Il loro appello aveva lo scopo di rendere pubblico il pericolo che correva la storia millenaria di Civitavecchia, facendolo affiorare dalle oscure stanze ministeriali in cui si concepiva in totale silenzio la distruzione del Lazzaretto. Invece “d’ora innanzi la discussione sarà pubblica e ciascuno si assumerà le proprie responsabilità”.

Il giorno dopo, il quotidiano romano titola: “Un assurdo piano dei LL.PP. per spostare i ruderi dell’antico porto di Civitavecchia. Si propone di spendere mezzo miliardo per portare altrove i ruderi traianei: si creerebbe un falso storico per risolvere solo temporaneamente il problema della stazione traghetto. Comunicato della Provincia e presa di posizione del prof. Pallottino”.

I funzionari del Ministero di Porta Pia avevano elaborato un piano faraonico: rimuovere le arcate romane e l’antico fortino per traslocarle altrove, in mare o sulla terra!

L’assurdo è che la Provincia di Roma, tramite l’assessore Pulci, esprime un parere favorevole, anzi, propone addirittura di spostare anche il “fortino di Michelangelo”. Si vorrebbe creare una grande area di manovra e di parcheggio per i mezzi pesanti e le auto in attesa d’imbarcarsi per la Sardegna.

Di fronte a queste “bestialità”, interviene uno dei più grandi etruscologi italiani, Massimo Pallottino che proprio nel 1964 avrebbe scoperto le lamine di Pyrgi a Santa Severa. Il professore ammonisce:

“la distruzione del porto romano di Civitavecchia sarebbe un crimine e un atto di barbarie del quale noi dovremmo render conto a tutto il mondo, giacchè si tratta di un patrimonio che non è né di una città, né tanto meno di un’amministrazione, e neppure dell’Italia, ma di tutto il mondo civile”.

Finalmente, un mese dopo, il 3 aprile, arrivano notizie rassicuranti che rivelano che “la P.I. per il restauro del Molo Lazzaretto. Una commissione è stata incaricata di studiare la sistemazione del complesso monumentale”. Il ministro Luigi Gui “ha dato incarico ai competenti sovrintendenti ai monumenti e alle antichità di elaborare, d’intesa, un progetto per il consolidamento, il restauro e la sistemazione generale del complesso monumentale del porto stesso”.

Due studiosi stranieri, di cui il giornale non riporta il nome, “aderendo alla campagna de Il Messaggero per la tutela delle antiche strutture del porto di Civitavecchia, e in particolare del Forte di Michelangelo, lanciavano l’idea di una Fondazione internazionale che, grazie soprattutto al contributo degli Stati Uniti, avrebbe raccolto i fondi necessari per i lavori di restauro”.

Un’idea che, sessant’anni dopo, è oggi ancora più attuale: una Fondazione attiva nel raccogliere i fondi da destinare al restauro e alla valorizzazione del grande patrimonio archeologico e monumentale di Civitavecchia. Chissà se fra sessant’anni tutto questo potrà realizzarsi …