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di ENRICO CIANCARINI
Leonessa, 18 agosto 2023. La visita guidata alla Chiesa di San Francesco a Leonessa volge al termine. Il professore Luigi Nicoli, amico e profondo conoscitore della storia e del territorio del piccolo e grazioso comune del reatino, ci raduna davanti ad un grande quadro posto a sinistra dell’entrata. È intitolato Crocefissione con dolenti e San Bonaventura. Il cartellino posto a fianco del dipinto segnala che è di “autore ignoto”.
Il professor Nicoli invece afferma che da pochi anni l’autore è stato identificato: la dottoressa Francesca Curti, dopo un lungo periodo di studi, aveva finalmente individuato l’autore di questo quadro e di tanti altri, e dato altrettanto importante, aveva stabilito che era originario di Leonessa. L’artista fino allora sconosciuto, è Bartolomeo Mendozzi nato probabilmente nel 1600 circa, allievo di Bartolomeo Manfredi (un suo quadro è conservato sempre a Leonessa nella chiesa di San Pietro) e pertanto inserito fra i pittori di scuola caravaggesca. I suoi quadri fino allora erano stati attribuiti ad altri pittori dell’epoca, fra cui un francese Jean Ducamps.
Incuriosito da questa storia così coinvolgente, di un’indagine nel passato e nel patrimonio artistico italiano, chiedo a Luigi Nicoli se poteva fornire qualche indicazione bibliografica per approfondire la conoscenza del pittore e della sua storia. Mi consiglia la lettura del volume di Massimo Pulini, Bartolomeo Mendozzi da Leonessa. Un maestro del Seicento tra l’Incredulità, il caso Ducamps, e i nuovi documenti (2022).
Tornato a Civitavecchia, provvedo all’acquisto online. Dopo pochi giorni, il libro mi arriva ed inizio a sfogliarlo e a leggerlo.
Nell’introduzione al suo libro, Massimo Pulini scrive: “Dimenticato e mai apparso nei libri di storia il nome di un pittore si rivela nel ruolo di protagonista entro un crocevia artistico tra i più esaltanti della civiltà europea, quale era la Roma della prima metà del Seicento. Bartolomeo Mendozzi oggi è considerato uno dei massimi pittori caravaggeschi, ma solo tre anni fa nemmeno gli studiosi più acuti di quell’epoca, tra le più dense e indagate, lo avrebbero mai potuto immaginare. Intorno al recupero di questa personalità si sono intrecciate ricerche generose e depistaggi, equivoci e repentini cambi d’identità”.
Grande è perciò il merito da riconoscere alla dottoressa Francesca Curti che con le sue ricerche ha donato identità e storia a Bartolomeo Mendozzi pittore leonessano. Nelle sue ricerche emerge un legame fra Bartolomeo Mendozzi con Civitavecchia: un quadro oggi scomparso.
Alle pagine 63 e 64 del libro di Massimo Pulini sono riportati gli Elementi biografici che il critico, come lui stesso scrive, ha tratto dalle ricerche di Francesca Curti a cui si deve “la pubblicazione e l’organica messa in contesto dei documenti archivistici legati al nome di Bartolomeo Mendozzi”.
Fra questi documenti c’è una commissione pubblica che nel 1627 è affidata al Mendozzi: “un quadro grande fatto da lui per l’Altare della cappella della fortezza di Civitavecchia con pitture, cioè la Madonna con Nostro Signore in braccio, S. Antonio, S. Rocco, S: Sebastiano, S. Barbara e S. Ferma, compresi sono altre spese per mandarlo a Civitavecchia”.
L’interesse e la curiosità si accendono ancora di più. Dove è finito questo quadro? È una domanda che mi pongo e pongo ma nessuno per ora mi ha fornito una risposta.
Per approfondire mi metto in contatto con la dottoressa Curti che gentilmente mi invia la sua pubblicazione Su Bartolomeo Mendozzi, caravaggesco dimenticato. Per l’identificazione del Maestro dell’Incredulità di San Tommaso apparsa su Nuovi Studi. Rivista di arte antica e moderna, numero 25, 2020 anno XXV, pagine 75-109. Nell’introduzione al suo saggio, la Curti scrive:
“Della sua attività rimanevano soltanto flebili tracce in alcune carte d’archivio, che tuttavia, analizzate, contestualizzate e ricomposte come in un puzzle, hanno consentito di riscoprire la figura di un pittore dimenticato dalle biografie ufficiali dell’epoca. Originario di Leonessa, Mendozzi, tra gli anni venti e quaranta del Seicento, fu attivo nel Reatino e soprattutto a Roma, dove, dopo un apprendistato presso la bottega di Bartolomeo Manfredi, seppe inserirsi assai bene nel contesto culturale delle grandi committenze promosse da Urbano VIII e suscitare l’apprezzamento di alcuni dei più importanti collezionisti del XVII secolo, come i Giustiniani e i Savoia”.
Un paragrafo del saggio è intitolato La pala d’altare della cappella del Forte Michelangelo di Civitavecchia: “la prima attestazione nota dell’attività artistica del pittore riguarda una commissione di un certo rilievo, affidatagli da Urbano VIII, nel 1627, per la realizzazione della pala d’altare della cappella della fortezza di Civitavecchia, detta anche Forte Michelangelo”.
È la Reverenda Camera Apostolica, padrona incontrastata della piccola cittadina portuale, a pagare Bartolomeo Mendozzi per il quadro “civitavecchiese”: venticinque scudi d’acconto e quarantacinque a saldo. Nel quadro sono rappresentati la Madonna con il Bambino in braccio, i santi Antonio, Rocco, Sebastiano, Barbara e Ferma, l’antica patrona di Civitavecchia. Santi cari ai civitavecchiesi, a cui erano dedicati i bastioni della fortezza Giulia. Interpellato don Augusto Baldini, archivista e storico della Diocesi, ha supposto che il quadro, vista la presenza di san Rocco e di san Sebastiano possa essere collegato a qualche periodo di epidemia.
Un aspetto che vogliamo sottolineare con particolare soddisfazione è che, nelle sue ricerche storiche, la dottoressa Curti ha utilizzato la Storia di Civitavecchia, volume II, di Odoardo Toti e il saggio Santa Fermina e la “grotta” al forte Michelangelo di Carlo De Paolis pubblicato all’interno del settimo bollettino della Società Storica Civitavecchiese intitolato La Fortezza. Omaggio ai 500 anni del Forte Michelangelo, un volume a cui siamo particolarmente legati perché fu il primo finanziato dalla Fondazione Cariciv e il primo a colori della lunga serie dei nostri bollettini.
Ma il quadro che fine ha fatto? Francesca Curti suggerisce che il dipinto probabilmente è andato perduto, non sappiamo in che epoca. Il nostro articolo vuole suscitare interesse e curiosità su questo aspetto: qualcuno si metterà ad indagare sulla scomparsa di questo prestigioso quadro? Ce lo auguriamo con tutto il cuore.
PS: la storia di Bartolomeo Mendozzi e il suo quadro è un ulteriore tassello del legame fra Civitavecchia a Leonessa. Da anni auspichiamo il gemellaggio fra le due località legate da tanti aspetti storici, spirituali, militari e adesso anche artistici. I nostri amministratori riusciranno a mantenere la promessa più volte ripetuta in pubblico di concretizzare il gemellaggio fra Civitavecchia e Leonessa?