CIVITAVECCHIA – Alcuni giorni fa, in Cattedrale, è stato riproposto dopo tre secoli l’Oratorio di Santa Ferma a cinque voci da cantarsi in Civita-Vecchia posto in musica da Antonio Caldara. Complimenti a chi ha organizzato il pregiato evento e a chi ha eseguito magistralmente l’Oratorio, e grazie al vescovo Gianrico Ruzza per aver permesso tutto ciò.

Mentre l’ascoltavo, riflettevo su quanto i Civitavecchiesi conoscano la vita della loro Santa Patrona. Forse sarebbe consigliabile dedicarle un volume in cui sia raccolto quanto scritto su di lei nel passato. Dal Settecento le furono dedicate pagine molto belle ed appassionate.

Nel 1707 (anche se sulla copertina è stampato MDCVII, 1607), il frate domenicano Antonio Maria Bianchieri, vicario del Sant’Offizio, dava alle stampe in Viterbo il volume agiografico Vita, e Martirio della gloriosa vergine S. Fermina Patrona, e Protettrice delle Città di Civita Vecchia, e d’Amelia, ed Avvocata de’ Naviganti … Nel 1893, il parroco di Santa Maria, il domenicano Vincenzo Novaro ristampava l’opera del confratello aggiungendovi “il prodigioso movimento del braccio destro, nella statua di S. Fermina in Civitavecchia, avvenuto il 15 luglio 1796, e nei giorni seguenti, con altri prodigi verificatisi contemporaneamente in altre immagini della stessa chiesa di S. Maria in Civitavecchia” (La Settimana religiosa, Genova, 19 marzo 1893).

Contemporaneo del Bianchieri è il domenicano francese Jean-Baptiste Labat che nelle sue memorie ricorda la magnificenza della cappella a lei dedicata nella chiesa di Santa Maria: “Ha una Cappella molto bella nella nostra Chiesa, una ricca argenteria, ornamenti magnifici e numerosi. La nostra Chiesa le è infinitamente debitrice: sono le elemosine che le Galere le hanno fatto ad averla costruita per la maggior parte ed aver provveduto a tutta la spesa del portale”.

Labat parla anche della grandiosa festa che i Civitavecchiesi le dedicavano: “La festa di questa Santa non si racchiude nel recinto della Cappella o della Chiesa. Tutta la Città vi prende parte, tutto il circondario ne è coinvolto. Ognuno vi invita amici e parenti. Arrivano i Mercanti Forestieri e vi fanno una specie di Fiera. I Ciarlatani, gli Astrologi e in generale chiunque possa servire ad onorare la Festa a divertire il Pubblico si fa premura di venire” (F. Correnti e G. Insolera, I viaggi del padre Labat dalle Antille a Civitavecchia. 1693-1716, 1995).

Circa cinquanta anni dopo, è Antigono Frangipani a dedicare nella sua Istoria dell’antichissima città di Civitavecchia (1761) un paragrafo alla Santa in cui onestamente confessa di non conoscere “le cause per le quali [i Civitavecchiesi e gli uomini di mare] l’abbiano pigliata per loro Protrettrice, vi devano indubitatamente essere”. Anche monsignor Vincenzo Annovazzi nella sua Storia di Civitavecchia (pubblicata postuma nel 1853 a cura di padre Alberto Guglielmotti, altro padre domenicano) ricordando la grandissima devozione che i Civitavecchiesi hanno per la loro patrona, rileva “che non esiste, per quanto siasi indagato, alcun pontificio documento né alcuna memoria che determini la concessione o il principio di tal fatta elezione. Altronde dalle memorie delle età passate chiaramente risulta che sempre Essa venne acclamata Avvocata speciale e primaria di Civitavecchia”. Santa Ferma, poi Fermina, è da sempre la Patrona di Civitavecchia.

La profonda devozione e venerazione che i Civitavecchiesi nutrono per la loro Patrona celeste è testimoniata dalla ricca festa che le dedicavano negli anni passati che coinvolgeva tutta la comunità. Carlo Calisse, altro grande storico della Città, nel 1905 pubblicò l’opuscolo Le tradizioni del popolo in occasione delle feste centenarie di Santa Fermina Patrona di Civitavecchia testimonianza scritta del suo amore per la Patrona e per le tradizioni a lei legate. Piace qui riportare i suoi ricordi infantili in cui descrive il particolare clima che si respirava a Civitavecchia il 28 aprile:

“Tradizionale fra tutte è restata la festa del porto illuminato. Nella serena oscurità della notte, le mura merlate, l’arsenale, la fortezza, i moli, i torrioni, l’antemurale, la lanterna ricompariscono ammantati di luce. Le fiaccole a migliaia si allineano sui cornicioni, serpeggiano per le gradinate, circondano gli archi, e le feritoie, scendono fino alle acque, s’innalzano alla sommità degli edifici, rilevano con tremulo splendore tutti i contorni dell’ampio disegno. Tuona a volta a volta il cannone; il vento lieve diffonde il suono dei concerti; le acque sotto i remi scintillano; solcano il cielo, come stelle filanti, i razzi che poi si aprono in pioggia di ardenti colori; e dalla bruna, agitata massa del popolo sorge per mille voci quell’unificato rumore, che pare da lontano il fiotto del mare”.

Come abbiamo letto, il fascino di Santa Fermina ha incantato i maggiori storici della Città che nei secoli le hanno dedicato pagine piene d’affetto, lo stesso che noi contemporanei dedichiamo alla nostra Santa protettrice: evviva Santa Fermina!