CIVITAVECCHIA – “Educare senza nascondere l’assurdo che è nel mondo”, come sosteneva il sociologo Danilo Dolci, cercando di praticare la coscienza critica attraverso operazioni coordinate e coerenti, frutto di una formazione continua, condivisa ed estesa, tramite uno scambio vivo e costante, nutrito di competenze, esperienze e idee, per proporre ai nostri studenti e studentesse chiavi di lettura della realtà e della sua complessità.

È il principale obiettivo espresso in un documento dai Docenti per la Palestina di Civitavecchia e dintorni, il coordinamento degli insegnanti del territorio nato in occasione della mobilitazione generale a sostegno delle vittime del genocidio a Gaza e della Global Sumud Flotilla.

Un incontro condiviso dalla primaria necessità di “rendere autentico il dialogo tra scuola, famiglie e territorio, attraverso la partecipazione significativa e l’espressione della cittadinanza attiva, specie di fronte ai crimini contro l’umanità che si consumano davanti agli occhi del mondo, nell’intento di rafforzare una rete con altre realtà associative”, si legge nella nota.

«Ancora oggi – affermano gli insegnanti – nonostante l’attenzione mediatica abbia allentato la sua copertura sul genocidio a Gaza e le crescenti atrocità che si stanno compiendo in altri Paesi, intendiamo assolvere al compito educativo e di sensibilizzazione proprio della scuola e in linea con la Costituzione italiana (artt. 11, 32, 33)».

«Crediamo nella necessità di rendere autentico il dialogo tra scuola, famiglie e territorio, attraverso la partecipazione significativa e l’espressione della cittadinanza attiva, specie di fronte ai crimini contro l’umanità che si consumano davanti agli occhi del mondo. Ciò ci spinge a ricercare contatti con realtà associative affini a noi».

E ancora precisano i docenti: «Per realizzare quanto ci proponiamo, il luogo privilegiato è l’aula, intesa però come spazio aperto al mondo: per noi è importante che i ragazzi e le ragazze siano protagonisti, con i loro bisogni, le loro curiosità, le loro sensibilità, nella costruzione congiunta di percorsi di studio e approfondimento della crisi globale in atto, di cui la questione palestinese e israeliana è emblema». Quindi il coordinamento prevede «il confronto con l’emotività e il dolore che gli eventi ci suscitano, mantenendo al contempo un atteggiamento rigoroso nell’analisi e nella ricostruzione dei fatti storici. Per questo motivo intendiamo avvalerci di un approccio di ricerca sostenuto da un archivio condiviso di fonti, materiali e documenti costantemente ampliato e aggiornato. Infatti, grazie agli strumenti digitali, riusciamo a mettere a disposizione delle nostre classi le risorse necessarie per l’attivazione di indagini di qualità sulla nostra contemporaneità». Partendo dal presupposto che «Fare storia significa imparare a mettere in luce i nessi causali che muovono i processi umani e riconoscere la linea sottile che separa i fatti dalle opinioni: proprio in questo spazio, infatti, nascono le narrazioni, cioè le interpretazioni condivise che diamo del mondo. Un’educazione critica porta i ragazzi e le ragazze a maturare la capacità di orientarsi in questa pluralità di letture, per prendere posizione e superare lo stallo dell’indifferenza e l’assuefazione alla passività. Una prima via d’uscita è rappresentata dall’uso consapevole della lingua: ogni parola che scegliamo di utilizzare ha valore e peso e può trasformare la realtà. Per questo, riflettiamo insieme su termini come ‘guerra’, ‘colonialismo’ e ‘terrorismo’, e dall’altro lato sulla potenza di una piccola parola come ‘pace’, che quando viene presa sul serio significa giustizia e libertà per tutte e tutti».