Un paio di settimane fa il Diario era tornato ad occuparsi delle grandi questioni irrisolte relative allo sviluppo del territorio. Abbiamo letto con piacere dell’iniziativa di Federlazio, con il suo vice presidente Paolo Sacchetti, di sollecitare gli attori istituzionali ed i principali stakeholder a mettere in campo un nuovo piano di sviluppo per Civitavecchia, che coinvolga tutto il territorio.

L’associazione di categoria, come aveva già fatto anche Unindustria, rimette al centro del dibattito il tema dell’impresa e del lavoro, soprattutto dopo l’uscita dal carbone, solo rinviata dalla guerra in Ucraina.

L’eolico off-shore, certo, con l’importante intesa siglata dal Consorzio GreenIT, la joint venture italiana per le energie rinnovabili tra Plenitude (Eni) e CdpEquity (gruppo Cdp), e CopenhagenInfrastructurePartners per lo sviluppo di tre parchi eolici offshore galleggianti, ma anche il futuro di Enel, auspicando - scrive Federlazio - «che possa prevedere di mettere in campo a Civitavecchia, così come sta facendo a Brindisi, interventi importanti di sviluppo».

Considerando che sono molti e diversificati i progetti innovativi legati alla transizione energetica che necessitano di grandi realizzazioni, come lo storage, i grandi impianti fotovoltaici e l’idrogeno, non solo ha senso la proposta di creare qui un centro strategico di progettazione e pianificazione legato alle energie rinnovabili, ma devono essere rilanciate tutta una serie di azioni finalizzate a definire e chiarire quale debba essere il ruolo di Enel sul territorio.

Finora, rispetto a quanto fatto altrove (si pensi a Brindisi e Catania ad esempio) qui è stata creata Enel Logistics, che può essere un primo passo, ma da solo non certo sufficiente a dare risposte a Civitavecchia, con il rischio di restare una scatola vuota e una opportunità persa, se non accompagnata da una serie di altre iniziative da inserire senza dubbio in un più ampio contesto di un vero e proprio masterplan dello sviluppo in cui Enel sia uno degli attori principali, per quello che ha rappresentato, nel bene e nel male, negli ultimi 60 anni sul territorio. Sessanta anni che non si cancellano certo con un colpo di spugna, nè semplicemente girando pagina in una presentazione di un piano industriale agli azionisti.

Quindi benvengano le proposte di imprese, parti sociali, associazioni, ma in primis istituzioni che - soprattutto con riferimento a quelle più prossime ai cittadini - dovrebbero cercare per quanto possibile di governare e indirizzare i processi, anziché subirli.

Si parli di giga-factory o di polo di riutilizzo del fotovoltaico, di fabbriche di batterie o di Hydrogen valley (visto che peraltro il porto è una eccellenza anche in questo ambito) di rinnovabili e di sostenibilità, ma non si perda un ennesimo treno.

Nel frattempo si attivino anche gli strumenti che possono accompagnare imprese, istituzioni e la stessa Enel: con la nuova amministrazione regionale si valuti la possibilità di riprendere la proposta dell’ex vice sindaco Grasso di istituire un’area di crisi complessa “Porto e polo energetico di Civitavecchia”, utilizzando anche i contratti di sviluppo o il contratto di area e chiudendo almeno la Zls rimasta incompiuta.

E infine il Comune riporti subito al tavolo, come avevano iniziato a fare proprio Grasso e Tedesco, la stessa Enel definendo un accordo ponte che cancelli lo scempio della restituzione dei soldi dalla città di Civitavecchia alla spa elettrica e definisca una convenzione in vista della nuova pagina che andrà ad aprirsi per il dopo carbone. Su questi ed altri temi dopo troppi mesi di silenzio è bene che si ricominci a discutere - ed agire - da subito, con Governo e Regione come alleati determinanti.
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