“Un uomo solo è al comando, la sua maglia è nerazzurra, il suo nome è Marco Piendibene”. Il paragone con Fausto Coppi, che commosse l’Italia ciclistica del dopoguerra, è d’obbligo – e non solo per la nota passione del sindaco per il pedale. Ma se nel ciclismo la solitudine del campione è una condizione eroica, nella politica amministrativa assume spesso contorni meno epici, più problematici.

A un anno dal trionfo elettorale che ha riconsegnato il centrosinistra al governo della città, il bilancio dell’amministrazione Piendibene si può riassumere in un’immagine: quella, appunto, di un uomo solo. A decidere. A mediare. A firmare. A tenere in piedi un palazzo che traballa più per l’assenza di voci interne che per la presenza di avversari esterni.

Il cerchio magico è strettissimo. Piero Alessi, amico di famiglia e fedelissimo della corrente barbaranelliana, dal sindacato al Pci-Pds-Ds-Pd, è il consigliere nemmeno troppo occulto e onnipresente. Enzo D’Antò, oggi capo assoluto dei 5 Stelle e unico vero alter ego politico del sindaco, è il partner tattico necessario, forte di quei cinque consiglieri che pesano più di tutta la maggioranza, a partire dall’attivissimo Giancarlo Cangani. L’asse è saldo, compatto, perfino affiatato dopo l’apparentamento che è valso l’insperato successo elettorale. Ma si regge su tre persone.

Il Partito Democratico, intanto, è spettatore. Il segretario Enrico Luciani, pur avendo in giunta un peso massimo come Patrizio Scilipoti ai Lavori Pubblici, è stato spinto ai margini. E qualcuno lo vorrebbe anche oltre quei margini. Marco Di Gennaro tiene le redini del consiglio comunale, ma il gruppo Pd è politicamente afono: nessuna proposta, nessuna iniziativa, nessuna visione. E le liste civiche? Seguono docili. Chi prova ancora a fare politica – a costo di disturbare – è Avs. Non a caso, l’assessore all’Ambiente Stefano Giannini è sopportato più che sostenuto. Le sue “gianninate”, come ormai vengono chiamate anche in maggioranza, sono sintomo di un’insofferenza reciproca. Eppure, è uno dei pochi a dire qualcosa di diverso. Nel deserto di idee e confronto, il resto della giunta si muove sotto traccia. La vice sindaca Stefania Tinti è politicamente trasparente. L’assessora Maucioni ai Servizi Sociali è assente dal dibattito pubblico. Fa eccezione, per competenza e per collocazione strategica, Florinda Tuoro al Bilancio, in quota tecnica direttamente al sindaco.

Così il primo cittadino si ritrova davvero solo. Ma non perché gli manchi il potere – quello ce l’ha eccome – quanto perché gli manca una squadra vera in grado di supportarlo. La giunta di altissimo profilo promessa dopo il ballottaggio si è dissolta con il garbato rifiuto del professor De Sattoli, poi coinvolto come superconsulente per valutare i progetti del phase out. E il paradosso è che quella squadra era pronta a tutto… tranne che a vincere. La vittoria ha colto impreparati, svelando tutte le fragilità di un gruppo che avrebbe dovuto garantire coesione e visione, e invece si è appiattito.

L’esperienza trentennale di Piendibene, maturata tra i banchi del consiglio, non basta a compensare un vuoto che si allarga. E proprio per questo, l’ipotesi di un “aiutino” dal centro – magari per allargare la maggioranza e trovare una nuova linfa – non è poi così remota. Anzi, la recente e tempestiva smentita di Marco Di Gennaro sul tema suona più come una conferma.

Nel frattempo, il sindaco continua a pedalare. Senza gregari. Senza ruote da seguire. Con una città che aspetta – almeno – di capire la direzione. E magari anche il traguardo.

©RIPRODUZIONE RISERVATA