La lettura dei dati statistici del porto riferiti al primo semestre dell’anno, offre lo spunto per diverse riflessioni. Alcune correlate all’analisi dei numeri resi noti dall’Adsp; altre di carattere più generale sulla “civitavecchiesità” che andrebbe richiamata (oppure ripensata) anche e forse soprattutto su questioni come questa.

Ma andiamo con ordine. Il traffico passeggeri si è completamente lasciato alle spalle il periodo pandemico, recuperando quanto perso e anzi aspirando a risultati da record assoluto, come sarà per le crociere il 2023. Anche i traghetti di linea hanno già fatto registrare un + 23,4% rispetto a giugno 2022, ma aggiungendo il boom avuto tra luglio ed agosto si comprende bene l’impatto sui traffici. L’automotive è tornato a tirare dopo mesi difficili. Rispetto a giugno dello scorso anno l’incremento è del 77,8%, con 38.084 auto in più. «Abbiamo saputo rispondere alle esigenze del mercato - ha aggiunto il presidente del porto Pino Musolino - garantendo nuovi spazi, come quelli ex Privilege, senza cui avremmo dovuto mandare altrove le auto».

I numeri negativi sono su parte delle merci, dove la spinta inflattiva globale e i segnali di criticità arrivano fin dalla Cina. L’aumento delle tariffe dei vettori ha fatto il resto sul ro-ro, ma il calo sostanziale è dovuto a quella che certo non è una sopresa, ossia il carbone. Il -25,3% è legato alla strategia nazionale nella produzione energetiva e all’approvvigionamento di Torre Valdaliga Nord. La riflessione è da aprirsi non sul dato in sé, ma sul dopo carbone. Come del resto stafacendo la Regione Lazio, con la vice-presidente Roberta Angelilli venuta già appositamente a Civitavecchia, prima al convegno di Civitavecchia 2030 sullo sviluppo, poi nel suo ruolo istituzionale, assumendo l’iniziativa a nome della Regione, divenuta pivot nella definizione di un piano strategico di sviluppo e uscita dal carbone per l’area di Civitavecchia. In questo contesto lo stesso Musolino ha illustrato proposte e azioni che già sono in campo per sopperire , dal punto di vista dell’Adsp, alla perdita di oltre 4 milioni di tonnellate di traffico. Il dibattito e il confronto si dovrebbero aprire su questi ed altri temi cruciali per il futuro del porto e della città. E più che un presidente veneziano, dovrebbe essere la politica civitavecchiese a farlo. Invece si è assistito all’esultanza da parte di qualcuno, in città e fuori, per il dato negativo complessivo delle merci tout court.

Questo è comprensibile quando proviene da un giornale genovese, lo è molto meno se si tratta di media locali. A Genova, per restare in tema, il dibattito sulle questioni dei moli sotto la Lanterna è molto più duro, vivace e “profondo” di quanto sia il confronto locale civitavecchese, con una differenza sostanziale: che mentre tra i carruggi ci si azzanna sulle vicende portuali genovesi, all’esterno poi guai a chi tocca il porto di Genova. E lo stesso sostanzialmente accade a Livorno, Venezia o Trieste.

Qui invece tante inutili zuffe che assomigliano a quelle dei famosi capponi di Renzo dei Promessi Sposi, che vanno ben oltre il Mignone o il Marangone. Anche quando da Genova o altrove arrivano colpi esiziali per l’economia portuale e cittadina, come nel caso del Marina Yachting.

Il riscatto della civitavecchiesità dovrebbe passare anche per questa riscoperta di orgoglio e identità locale: si polemizzi finché si vuole, ma poi si faccia un fronte comune per lo sviluppo. Altrimenti questa sarà sempre terrà di conquista per forestieri e colonizzatori a cui di certo di Civitavecchia importa poco o nulla.

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