di CARLO CANNA



CIVITAVECCHIA - “Gasparone ci porge il vero tipo del delinquente nato, anatomicamente nella microcefalia frontale e nell’anomalia dell’osso vormiano, nell’eurignatismo, nella maggior capacità orbitale, nell’oxicefalia, e fors’anche nella esagerazione della doligocefalia; psicologicamente nella mancanza d’emozioni, di sensibilità, nell’eccessiva libidine, ferocia, incapacità al lavoro continuato” (da Gasperone, APA, 1882). Con queste parole, tratte da uno studio sul celebre brigante, Cesare Lombroso identifica in Antonio Gasparoni la figura emblematica del criminale per antonomasia, ovvero quella del brigante, ritenuto un “selvaggio che vive nella civiltà”, totalmente estraneo, anche anatomicamente, alla società e al progresso. Marco Ezechia Lombroso, detto Cesare (Verona, 1835 - Torino 1909) è stato uno dei pionieri negli studi sulla criminalità e il fondatore dell’antropologia criminale. Seguace assertore del metodo positivistico, il suo lavoro è stato fortemente influenzato dalla fisiognomica di tradizione lavateriana, il darwinismo sociale e la frenologia forense. Secondo l’autore dell’Uomo delinquente (1876), i comportamenti criminali sono determinati da predisposizioni di natura fisiologica che si rivelano esteriormente nella costituzione anatomica e fisiognomica di un individuo. La criminalità è dunque l’espressione di quelle anomalie psico-fisiche e atavismi - caratteristiche tipiche dei selvaggi, dei più lontani antenati primitivi e talvolta degli animali - che a detta del medico veronese ne fanno una vera e propria patologia ereditaria, riservando così un ruolo del tutto marginale alla responsabilità morale del singolo individuo. Nel tracciare il “profilo criminale” di Gasperone, Cesare Lombroso prende atto del forte contrasto esistente tra i dati craniometrici del “delinquente nato” da lui rilevati con la descrizione del personaggio intelligente e carismatico riportata nella biografia del brigante scritta dal Masi, risolvendo il problema con queste parole: ”Forse quella sua fu, più che grande intelligenza, grande astuzia, la quale spesso è in antagonismo col genio e colla continuata attività psichica…”, aggiungendo di seguito: ” Quanto alla fisionomia (desunta da una fotografia di Gasperone ndr), essa ci dà assai più del cranio un’idea dell’astuzia straordinaria e della ferocia del vecchio masnadiere…nelle orbite incavate, negli occhi sopracigliari e sopraciglie spiccatissime, nello sviluppo del naso…”. Tuttavia, come era possibile conciliare il feroce istinto criminale di Gasperone con quella che nel suo complesso risultava essere una “fisionomia normale regolarissima”? secondo Lombroso, i rei che presentano un alto livello di quoziente intellettivo, come i briganti laziali Gasperone e Tiburzi, hanno un forma regolare del capo perché:”…esercitandosi attivamente l’ingegno, impedisce quell’enorme sproporzione che esiste negli uomini primitivi tra lo sviluppo del frontale e lo sviluppo della faccia, e mettendosi l’individuo a contatto con molti uomini e cose e con pensieri e abitudini non tutte crudeli e immorali, non si formano molti dei caratteri che insorgono dall’abito di atti feroci e dalla vista di cose lugubri e tristi...”. Sebbene bisogna ammettere che Lombroso fu un precursore nel tentare un approccio sistematico allo studio della criminalità, appare chiaro oggi come gran parte delle sue teorie risultino del tutto infondate. La scienza moderna ha infatti dimostrato che non esiste alcun rapporto tra le caratteristiche fisiche esteriori di un individuo con la sua propensione a delinquere, attribuendo peraltro un ruolo prioritario ai fattori ambientali, educativi e sociali nella formazione della sfera comportamentale dello stesso, dato - quest’ultimo - che in fondo lo stesso Lombroso prese in seria considerazione a conclusione del suo articolo su Gasparone: ”Evidentemente a formare di Gasparone il masnadiere tipo, concorsero, oltre all’eredità e alla speciale organizzazione, l’ambiente topografico sociologico e l’occasione…Nato ai nostri tempi, forse Gasparone non sarebbe riescito un masnadiere, forse sarebbe stato uno di quei faccendieri politici, che, egualmente dannosi alla giustizia ed alla patria, pure non hanno a che fare col codice penale. Tutt’altro!”. Oggi il cranio e la divisa da brigante - abito, cappello e fucile - di Antonio Gasparoni sono custoditi ed esposti nel Museo di Antropologia Criminale “Cesare Lombroso” di Torino (2. Fine).

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