di TONI MORETTI



CERVETERI - Esilarante Etruria in Danza nella serata di venerdì dove sono state presentate ed eseguite ben 28 coreografie frutto del lavoro di undici scuole che sono giunte a Cerveteri un po’ da tutta Italia, segno che Etruria in Danza, nato a Cerveteri nell’ottica di promuoverne al di fuori dei confini cittadini e laziale, territorio, bellezze artistiche e culturali, ha centrato l’obiettivo nei suoi ormai quattro anni di vita, diventando una manifestazione ambita, quanto ambito è la riproduzione del vaso di Eufronio che viene dato in omaggio ai partecipanti alla manifestazione. La chiave del successo sta forse nel fatto che la rassegna non è una competizione. Non è un misurarsi in capacità risorse, talento ed energie, ma è semplicemente mostrare queste qualità per coinvolgere il pubblico in un turbillon di emozioni vecchie e nuove, che diano un senso al loro passato, ai loro trascorsi rinnovati e rianimati da un’aspettativa del loro futuro che alchemicamente si concretizza in modo emozionale nel presente che vivono, in ciò che le musiche che si ascoltano fanno sentire e che i corpi che le interpretano fanno immaginare e alcune volte presagire. Il tutto è poi lasciato alle interpretazioni che ne fanno le proprie sensibilità individuali, ed è qui che si apre quel mondo che non scontenta nessuno, dando anche a chi qualcosa non è piaciuta o a chi non la ha ben compresa, una opportunità di nuova conoscenza e di arricchimento del proprio bagaglio esperienziale. Signori: la cultura. E’ a questo punto che è doveroso riconoscere ai Ceripa, padre Vincenzo e figlia Alessandra, il merito dell’intuizione creativa e vincente che li rende ambasciatori veri di cultura plasmando ed utilizzando una “materia prima” naturale che è la passione degli allievi, il sacrificio che i genitori fanno per coltivare la passione dei propri figli, nobile passione, la loro determinazione a donare, o meglio a trasferire ad allievi ed insegnanti mezzi d’arte e volontà. Venerdì era la serata durante la quale tra tutte le coreografie rappresentate bisognava segnalarne una che avesse in qualche modo dimostrato qualche elemento di distinzione dalle altre. Questo onoratissimo quanto ingrato compito, l’organizzazione lo ha affidato a chi scrive. La scelta non era collegiale ma ad unico e insindacabile giudizio. Credetemi per quanto so che possa riuscire difficile farlo, tutte le scuole hanno eseguito balletti di alto livello creativo, ma l’imbarazzo che bloccava la mia scelta all’improvviso svanì sin dalle prime note del motivo di Simone Cristicchi “Ti regalerò una rosa”. Non riuscivo a capire come la coreografa avrebbe disegnato e scelto di rappresentare, e come la ballerina avrebbe scelto di interpretare quegli “Apostoli che Dio Non Vuole”. Ma già ai primi passi mi rasserenai. Immensa la sensibilità delle coreografe, seppi poi le sorelle Giubilei. Immensa e stupenda l’esibizione di Gaia Bonanno, di Città di Castello, che con le sue movenze ha saputo rappresentare il disagio, la pazzia con la quale forse ci si confronta quotidianamente. Ha fatto avvertire e dimenticare la puzza di “piscio e segatura” e ad esaltare la follia nell’amore, sentimento che riesce a prevalere in ogni condizione col suo simbolo più comune: una rosa rossa. La scelta fù immediata e senza ripensamenti