GIOVANNI MASOTTI

Il match è ancora aperto e foriero di possibili sorprese. Mentre, non a caso - con una lettera inviata al Ministero dei Trasporti lo scorso lunedì 21, finora tenuta riservata - scende in campo la sindaca Frontini, che si schiera accanto all' Enac promuovendo la soluzione di uno scalo viterbese rispettoso dell' ambiente e collegato in modo privilegiato con l' aeroporto romano dell' Urbe (e non solo), dedito al traffico privato e turistico, nel gergo un aerotaxi.

Una visione all' insegna del "piccolo è bello" quella di Frontini, realistica ma non ambiziosa più di tanto, e che sembra non tenere conto del precedente pronunciamento del Parlamento che nel 2010 promuoveva a pieni voti Viterbo terzo scalo aeroportuale del Lazio, destinato a sostituire Ciampino con il quasi monopolio del traffico low cost dalla capitale.

"Per fortuna che le decisioni sugli aeroporti non vengono prese dai sindaci - commenta sarcastico l' animatore del Comitato Aeroporto Giovanni Bartoletti - Le grandi idee hanno le gambe lunghe, i sindaci sono 'aves de paso', tradotto uccelli di passo".

La posizione della sindaca viene dunque a cozzare con le numerose voci che in questi ultimi giorni si sono levate a favore di un aeroporto di Viterbo degno di questo nome e proiettato su una scala più alta. Anche se nessuno dei sostenitori di questa soluzione nega che esistano questioni di collegamento infrastrutturale e di natura ambientale che rendono questa scelta tutt' altro che facile e scontata.

Eppure, anche grazie al gran lavoro messo in atto in queste settimane dal Comitato Aeroporto e alle sue osservazioni alla bozza elaborata dall' Enac, che - l' abbiamo detto - ha praticamente retrocesso Viterbo, il problema è tornato prepotentemente alla ribalta dopo essere stato lungamente e intensamente dibattuto dalla Commissione Trasporti della Camera nell' ormai lontano 2009. Allora, nel contesto di una razionalizzazione dello sbilanciato sistema aeroportuale italiano - un centinaio di scali, la stragrande maggioranza dei quali piccoli e improduttivi, e solo sette superiori ai cinque milioni di passeggeri l' anno - si decise di dare uno stop ad una inutile dispersione di energie produttive e finanziarie. Nessun nuovo aeroporto ad eccezione di Viterbo - che avrebbe sostituito l' ormai obsoleto, privo di capacità di sviluppo e intasato scalo capitolino di Ciampino - ereditandone il quasi monopolio del traffico low cost. Già, proprio così. Solo Viterbo, e in più un' altra infrastruttura per subentrare al napoletano Capodichino. Per il resto, zero.

"L' Italia non ha bisogno di un maggior numero di aeroporti - recitava nel 2010 il documento conclusivo della puntuale indagine conoscitiva redatta dall' organismo parlamentare - ma di aeroporti più grandi, più efficienti e meglio connessi, con le reti stradale e ferroviaria, al territorio e al bacino di riferimento. Occorre evitare - sottolineava il documento - una proliferazione di aeroporti costosa, insostenibile e dannosa per il paese". Parole chiare, ribadite dall' allora presidente della Commissione Trasporti della Camera Valducci. "L' aeroporto di Viterbo - tagliò corto - rappresenta l' unico scalo su cui il paese dovrà investire. E, tra l' altro, dovrà essere funzionante il prima possibile".

E invece niente, assolutamente niente. Tutto come prima. Una immobilità scatenata anche dalla strenua concorrenza e resistenza messa in atto da Frosinone e dalla paralisi decisionale della Regione Lazio. Dodici anni inutili, in cui il nodo aeroporto - gestito malissimo dalle forze in campo - è stato ben lontano dall' essere sciolto. Non solo. Dopo essere stato proclamato prossimo terzo scalo aeroportuale regionale, Viterbo è caduto nel dimenticatoio e la città e le sue istituzioni non sono state in grado di reagire a quell' essere relegate in un angolo.

Finché non arriviamo ai giorni nostri, con l' aeroporto di Viterbo che scompare sostanzialmente dal Piano nazionale dei Trasporti, graziosamente ammesso a svolgere il ruolo di aerotaxi per un pugno di turisti facoltosi. Un sonoro ceffone.

Una conclusione amara e ingiustificabile della lunga e tormentata vicenda, se non fosse che le osservazioni inviate dal Comitato Aeroporto di Viterbo hanno riaperto in un colpo solo la partita. Che riguarda non solo il capoluogo della Tuscia, ma anche - e massicciamente - i territori e il porto di Civitavecchia e l' Interporto di Orte.

Pino Musolino, presidente dell' Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno centro-settentrionale, non fa sconti e sottolinea: "L' accrescimento del valore delle infrastrutture di un territorio è utile e favorevole a tutte le altre infrastrutture di connettività. Credo che sviluppare pienamente le potenzialità dell' aeroporto di Viterbo possa essere un volano anche per il nostro porto. Seguiamo perciò con attenzione il dibattito che si è sviluppato attorno a questo tema".

Una dichiarazione impegnativa, che fa comprendere quanto l' asse Viterbo-Civitavecchia, con abbinato l' Interporto di Orte, potrebbe giungere a diventare un polo logistico importante a livello nazionale.

Del resto, vergate sotto le osservazioni al Piano nazionale dei Trasporti, spiccano non solo le firme apposte dal presidente della Provincia di Viterbo Romoli e quelle di diversi sindaci della Tuscia tra cui Piero Camilli di Grotte di Castro, ma anche quella del primo cittadino di Civitavecchia Ernesto Tedesco.

Un' adesione assai significativa, che allarga la valenza del confronto.

Giovanni Masotti


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