CIVITAVECCHIA - Il bando per la concessione della nuova darsena traghetti, 4 banchine più i piazzali per circa 7 ettari dedicati ai traffici ro-ro e cargo è una svolta epocale per il porto di Civitavecchia. Finora il nostro scalo è stato quello che più di ogni altro ha mantenuto le banchine pubbliche, annoverando infatti un numero di terminalisti che si contano con le dita di una mano, peraltro con il terminal più importante, quello delle crociere, che non è neppure un articolo 18 tradizionale vero e proprio. Con la messa in gara della concessione per le banchine 27, 28, 29 e 30, il presidente Musolino sta dando seguito a quanto annunciato appena nominato alla guida del Porto di Roma: «rendere Civitavecchia un porto più rispondente al modello disegnato dalla legge 84/94”. Questo significherà meno banchine pubbliche, minori oneri per la manutenzione delle stesse, minori costi per servizi di sicurezza e di interesse generale, maggiori entrate correnti derivanti dai canoni delle concessioni e sicuramente, in prospettiva, maggiori traffici portati dal terminalista. Ci saranno da trovare nuovi equilibri sia dal punto di vista del lavoro portuale che delle Sieg (le società di interesse economico generale: Port Mobility, Seport, Port Utilities) e della partecipata dell’Adsp per la sicurezza, la Pas.

Si apre una nuova fase storica per il porto e per i più importanti ambiti di traffico. Per questo è necessario che ci siano in tempi brevi risposte concrete sulle partite già aperte.

Dall’utilizzo delle aree ex Privilege, per quello che significano in termini di utilizzo di aree di pregio e di potenzialità finora non sfruttate, fino al Marina Yachting, per il quale, a distanza di 4 mesi dalla delibera comunale e di quasi un anno dalla lettera della Sovrintendenza, ancora attende di entrare nella fase conclusiva. A Ventimiglia, dove il partner monegasco di Port Mobility nel 2019 ha avviato i lavori per un porto turistico sicuramente in posizione meno strategica di quello che dovrebbe sorgere davanti al Forte Michelangelo, la marina è già attiva e tra diretti e indotto ha già creato circa 160 posti di lavoro, a fronte di poco più di 140 posti barca. Insomma, poco più di un occupato per posto barca. Come dire che a Civitavecchia ci sono oltre 150 posti di lavoro che attendono, insieme a 22 milioni di euro di investimento privato, di cui oltre la metà, circa 13 milioni, destinati a interventi pubblici sullo scalo. E ad attendere c’è anche tutto l’ulteriore indotto legato alla cantieristica che ha già trovato sbocco proprio a Ventimiglia, dove il cantiere pre-esistente è stato ampliato e inglobato nel marina.

Infine, ma non ultimo, il tema della gestione dei passeggeri. Quanto denunciato pubblicamente dalla giornalista Silvia Mobili, alla quale personale delle ferrovie voleva impedire l’accesso in stazione ed al treno su cui si sarebbe dovuta recare al lavoro, per il troppo affollamento dovuto ai crocieristi, è inaccettabile ed è un problema che si protrae da troppo tempo. Quello delle infrastrutture necessarie per gestire la mobilità dei passeggeri del primo porto crocieristico d’Italia e d’Europa. La risposta al caos non può e non deve essere quella indicata nel suo pur giusto e comprensibile sfogo dalla giornalista (“l’autorità portuale non deve più accettare delle crociere del genere se non siamo in grado di rispondere”), ma piuttosto quella di far sì che oltre a ripristinare la stazione, abbandonata a se stessa da mesi, dopo il crollo, Rfi prenda finalmente atto che la stazione del Porto di Roma, dove normalmente transitano complessivamente oltre 5 milioni di passeggeri l’anno, non può essere trattata come una stazioncina locale, già a malapena sufficiente solo per la città.

Da anni c’è il progetto di una nuova stazione a nord dedicata solo al porto e alle crociere, lasciando quella attuale a pendolari, studenti e altri passeggeri.

Che fine ha fatto anche quel progetto? Cosa sta facendo e che posizione ha il Comune? Prima della cacciata di Grasso e poi di Roscioni, erano stati ripresi contatti e fissati nuovi incontri con le Ferrovie dello Stato proprio per ridefinire questi ed altri aspetti che sono prioritari per migliaia di civitavecchiesi, oltre che per una città che ambisce a fregiarsi del titolo di Porto di Roma.

Cosa è accaduto dopo gli ultimi rimpasti di Tedesco che hanno messo Magliani e Vitali al posto dei precedenti vice-sindaco e assessore? E soprattutto che ne pensa proprio Tedesco che dell’amministrazione dovrebbe essere il capo? Il Covid gli aveva consentito di accantonare anche questo problema. Ora l’impressione è che di treni zeppi di persone ne debbano partire ancora parecchi prima che qualcuno si decida ad affrontare di nuovo seriamente la questione.

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