Roma 1960. Le Olimpiadi sono disputate nella città eterna. Molti studiosi, ancora oggi, nel 2022, ammettono che l’edizione a cinque cerchi in terra italiana sia stata la più bella di sempre, superiore alla prima ad Atene 1896, superiore alla spettacolarizzazione estrema di Atlanta 1996 e alla futuristica di Londra 2012 e Rio 2016. Tokyo 2020-2021 non viene presa come riferimento per via delle chiusure anti-covid19. La disciplina della lotta nella basilica di Massenzio, la ginnastica alle terme di Caracalla, l’hockey su prato allo Stadio dei Marmi, la costruzione dello stadio dei Centomila, oggi Stadio Olimpico, le infrastrutture di origine Mussoliniana, il villaggio olimpico a palafitta, l’Eur (o meglio, Esposizione Universale Romana 1947, da cui poi il quartiere romano prende le iniziali), Corso Francia e il Vaticano, sono alcuni degli esempi di come la capitale dei due stati in Italia abbia organizzato un’edizione a cinque cerchi mai vista prima. Ma in tutto questo intreccio di storia antica e moderna vi è stato un aneddoto che ha suscitato molto scalpore all’epoca. La vittoria della gara più emblematica di tutte: la maratona. Un etiope, classe 1932, si presenta al nastro di partenza completamente senza scarpe. A piedi nudi. Non lo fa per protesta. I moti rivoluzionari del ‘68 devono ancora aspettare. Lo fa per una precisa scelta tecnica con il suo allenatore. In Etiopia lui si allena così, corre a piedi nudi. Rivelerà, poi, di “sentire” più la strada, di avere maggiore sensibilità. Ma tutto questo non importa a nessuno. Almeno fino a quando non vince. Taglia il traguardo in 2 ore e 11 minuti scarsi. Davanti al Colosseo. Famosa è la foto che lo ritrae agli ultimi metri prima del traguardo. Da quel momento esplode la festa in Etiopia e Abebe Bikila diventa, inconsapevolmente, il simbolo della lotta di tutta l’Africa ai paesi colonialisti dell’Europa. Infatti, bisogna necessariamente ricordare che, in piena guerra fredda, la conferenza di Bandung del 1955 fece nascere l’appellativo di “Terzo Mondo”, cioè un insieme di paesi, per lo più africani, che non si riconoscevano nelle linee guida politiche ed economiche del capitalismo americano o del comunismo sovietico. Ancora oggi, erroneamente, nell’immaginario collettivo il terzo mondo è collegato alla povertà, e non a una precisa voglia di sentirsi indipendenti. Per questo la decolonizzazione dell’Africa inizia subito la seconda guerra mondiale, in un momento di difficoltà dei paesi europei devastati dai bombardamenti, in circa 20 anni, molti paesi videro riconosciuta l’indipendenza. Esempi famosi furono il Ghana (il primo a diventare indipendente nel 1957) e poi Nigeria, Sudan, Mali, Congo ecc. Abebe Bikila fu, quindi, il simbolo di un’Africa unita nella lotta per la liberazione dall’ europeo “colonizzatore”. Presente anche a Tokyo 1964, vincerà il suo secondo oro olimpico con 3 minuti in meno rispetto al crono di Roma ‘60. Parteciperà anche a Città del Messico 1968 ma si ritirerà a causa del clima difficile (si gareggiava a 2000m di altitudine). Un destino crudele lo
costringerà su una sedia a rotelle per un incidente automobilistico nel 1969, paralizzato dalla vita in giù. Questo evento non lo fermerà dalla partecipazione ai Giochi Paralimpici di Heidelberg nel 1972 nel tiro con l'arco. Un’emorragia cerebrale sarà la causa della morte nel 1973, a soli 41 anni. Ma rimarrà nella storia come l’africano che vinse l’oro olimpico a piedi nudi.


©RIPRODUZIONE RISERVATA