La questione dei mandati dei presidenti delle Federazioni Sportive Nazionali, delle Discipline Sportive Associate e degli Enti di Promozione Sportiva è un argomento che tiene banco da circa vent'anni. Sia il decreto Melandri che il decreto Pescante hanno cercato di mettere un freno al numero illimitato dei mandati ponendo il limite a due. Gli stessi decreti, però, offrivano una scappatoia nelle disposizioni finali nelle quali i presidenti potevano essere riconfermati nel caso in cui fossero eletti con più del 55% dei voti validi. Salta agli occhi come la percentuale sia poco più della maggioranza assoluta dei voti e quindi, forse, troppo residua per porre un freno ai cosiddetti “feudi sportivi”. Nel 2018 l'allora Ministro dello Sport Luca Lotti, carica che a volte esiste e a volte viene eliminata, fu il primo firmatario di una legge, la n.8 del 2018, nella quale vi fu un allineamento della durata dei mandati sia del presidente del CONI sia dei presidenti federali, imponendo loro un tetto massimo di tre mandati sportivi. Una piccola clausola finale ha offerto un mandato “jolly” visto che si legge: “I presidenti e i membri degli organi direttivi nazionali e territoriali delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate e degli enti di promozione sportiva che sono in carica alla data di entrata in vigore della presente legge e che hanno già raggiunto il limite di cui all'articolo 16, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, come sostituito dall'articolo 2 della presente legge, possono svolgere, se eletti, un ulteriore mandato”. Tale atto è stato visto come una sorta di rivoluzione dal mondo sportivo, poiché, nella migliore delle ipotesi, un neoeletto alla massima carica federale può, oggi, presiedere la federazione per 12 anni. Poi deve obbligatoriamente lasciare la poltrona. È molto probabile che si è voluto donare un’ulteriore mandato ai presidenti che erano in scadenza per non creare “vuoti dirigenziali” nelle Federazioni e per non rompere quell’equilibrio che da sempre caratterizza il tema dei presidenti federali e del loro potere. La legge Lotti ha rappresentato, dopo circa 20 anni dall’emanazione del decreto Melandri, un cambio di passo di quel ricambio generazionale da sempre atteso e mai arrivato.


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