Si possono considerare gli ultimi anni ‘70 come l’apice della distensione tra i due grandi blocchi. Nel mondo sportivo il CIO, a scrutinio segreto, proclamò la ripartizione delle Olimpiadi estive-invernali a Mosca – Lake Placid (1980) e Los Angeles – Sarajevo (1984). Se fino al 1978 la possibilità di un boicottaggio non era presa neanche in considerazione, nel 1980, a causa dell’invasione sovietica in Afghanistan, il presidente USA Jimmy Carter mise in piedi una massiccia operazione di convincimento dell’inammissibilità della sede olimpica a Mosca. L’amministrazione americana protestò molto con il CIO, ma visto il diniego del comitato sovietico di cambiare sede, gli Usa e altri 61 paesi decisero di boicottare i Giochi.


L’invasione dell’URSS, che cercava di stabilizzare un’area ritenuta sotto la propria influenza, fu solo il pretesto per il boicottaggio.


Gli altri motivi sono da ritenersi nell’installazione dei missili a medio raggio SS-20 in Europa orientale, la crisi petrolifera e il fallito blitz per liberare i cinquantadue americani ostaggio a Teheran. Il voto favorevole del Congresso e del Senato americano, la stampa e l’opinione pubblica, diedero l’impulso all’USOC (Comitato Olimpico Americano), per decretare il boicottaggio degli statunitensi.


Nei paesi europei vi era un po’ di incertezza, poiché il problema dell’invasione dell’Afghanistan non intralciava i loro piani; fondamentalmente non gli riguardava. Se dapprima non furono intenzionati a seguire il progetto americano, la situazione cambiò di colpo il 22 gennaio 1980 quando il fisico e premio Nobel per la pace Andrey Sakharov fu confinato a Gorkij dai sovietici. Il Parlamento Europeo votò, simbolicamente, a favore del boicottaggio, ma i Ministri degli Esteri dei Paesi dell’Unione Europea, non trovando un accordo comune, lasciarono piena autonomia ai comitati olimpici di ciascun paese.


L’Italia adottò una posizione che attirò qualche critica.


Da una parte non poteva andare contro la politica degli americani, da sempre alleati del Bel Paese; dall’altra, l’opinione pubblica e la stampa spingevano sempre più per far partecipare e gareggiare fenomeni sportivi come la “freccia del Sud” Mennea nell’atletica o Sara Simeoni nel salto in alto. Si decise per la classica soluzione “all’italiana”.


Ufficialmente l’Italia aderì al boicottaggio olimpico ma lasciando agli atleti la libertà di gareggiare a titolo personale.


Ci rimisero tutti quegli atleti sotto le vesti dei gruppi sportivi militari che, essendo dipendenti dello Stato, non poterono partecipare.


Nel resto del mondo molti paesi capitalisti non vollero mettere in dubbio l’alleanza con gli americani, e così Giappone, Canada, Israele, RFT (Germania Ovest), il Cile di Pinochet e l’Argentina di Videla decisero per il boicottaggio. Stessa decisione fu presa da Iran, Pakistan e Arabia Saudita, temendo un’espansione sovietica nel Golfo Persico.


All’inizio delle gare olimpiche, parteciparono 81 CNO (Comitati Nazionali Olimpici) mentre ben 62 furono i comitati che non si presentarono a Mosca 1980. Alla fine, il boicott
aggio non servì al ritiro delle truppe sovietiche in terra afghana ma segnò solamente il deterioramento delle relazioni internazionali tra USA e URSS.


Alla cerimonia di chiusura, gli USA vietarono la presenza della bandiera americana (prevista come nazione ospitante della edizione successiva dei Giochi) e tra tutti gli addetti ai lavori era quasi ovvio un fatto: ci sarebbe stato un contro boicottaggio dell’URSS a Los Angeles 1984.


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