CANINO – Katia e i suoi due bambini di sei e otto anni sono finalmente riusciti a raggiungere l’Italia e lasciare i bombardamenti di Kiev, ad attenderli a Canino, il grande cuore della famiglia Piemattei che da quasi trent’anni ospita tutte le estati la donna, oggi quarantenne.Al principio nell’ambito del “progetto Chernobyl”, ancora bambina, per soggiorni definiti di “risanamento” fisico e psicologico per ridurre la radioattività assorbita dallo scoppio della vicina centrale, uno dei ponti umanitari più grandi della storia italiana.Ospitalità temporanea che spesso si è trasformata in qualcosa di molto di più, come la storia di Katia e questa famiglia.

“Quando è arrivata da noi la prima volta aveva tredici anni, veniva a passare qui l’estate e a fare un po’ di mare, lei come altri bambini provenienti da zone contaminate. Si meravigliava di tutto, dell’ampia e luminosa cameretta, dei giocattoli e dei vestiti, e soprattutto della possibilità di averli, per lei era come il mondo delle favole. Arrivava da noi emaciata e ripartiva in piena forma. Affettuosa, allegra e disponibile quando doveva ripartire iniziava a piangere una settimana prima, e noi con lei”.Un affetto che con il passare degli anni diventa indelebile. Non più solo l’estate, tutto l’anno la piccola Katia può contare sulla sua famiglia della Tuscia. “Quando è cresciuta, e non era più una ”bambina di Chernobyl”, abbiamo sempre continuato ad accoglierla. Da un mese sono diventati tre e poi telefonicamente ci sentivamo tutti i giorni. Qui da noi a Canino ormai la conoscevano tutti e quando arrivava lei era gran festa, il paese correva a salutarla”.Fino a quel maledetto 24 febbraio 2022, l’inizio della tragedia, la guerra in Ucraina e proprio nel suo paese.“All’inizio ci siamo rifugiati in un casolare che abbiamo a circa centocinquanta chilometri da Kiev- racconta la donna – è stata dura, il freddo e la neve hanno reso tutto più difficile.Sentivano le esplosioni ogni giorno e gli aerei che volavano bassi sulle nostre teste”.Da lì fino alla Polonia.“Abbiamo cambiato quattro treni. Il primo che dalla campagna ci ha portati a Kiev, il secondo da Kiev a Leopoli e poi in Polonia a Przemysl e da qui a Cracovia.Scesi a Cracovia abbiamo preso il pullman per l’aeroporto. Abbiamo dormito lì una notte e la mattina siamo partiti per Fiumicino”.Un viaggio fatto di paura e speranza, quelle che Katia e i suoi due bambini hanno esattamente provato “una volta saliti sul treno a Leopoli, hanno iniziato a suonare le sirene, per sicurezza, siamo dovuti scendere immediatamente, lasciando tutto quello che avevamo per paura dei bombardamenti.Siamo stati a terra, in piena notte all’addiaccio, quaranta minuti”.L’accoglienza nelle stazioni d’arrivo sia di Leopoli che in Polonia è stato il momento più confortante “Tanti i volontari che ci hanno aiutato e dato da mangiare”.Fino a due giorni fa, quando finalmente è arrivato il tanto atteso abbraccio con la famiglia italiana, che, per la prima volta ha conosciuto i due bambini.“I piccoli hanno capito che dovevamo andarcene al più presto, anche se il loro papà è dovuto restare, e non hanno fatto storie. Ora qui sono abbastanza agitati perché non riescono a concepire tutta questa normalità, ci vorrà qualche giorno per tranquillizzarli”.E di Zelensky cosa pensa?“E’ un grande presidente perché poteva andarsene e invece è rimasto al suo posto”.B.F.