CIVITAVECCHIA - Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere i quattro indagati locali arrestati nell’ambito della ‘‘Operazione Meco’’, messa a segno dai carabinieri del nucleo operativo. Domenico Gabelli, detto ‘‘Meco’’, Franco Olivieri, Bruno Bruni e Antonello Volpi non hanno risposto alle domande rivolte loro dal giudice Giovanni Giorgianni questa mattina, al supercarcere di Borgata Aurelia dove sono attualmente detenuti, consigliati dai loro rispettivi avvocati. «Voglio leggere attentamente la copiosa documentazione prodotta dai carabinieri - ha spiegato l’avvocato Daniele Barbieri, legale di Volpi - poi deciderò come comportarmi». Intanto ha chiesto al giudice la modifica della custodia cautelare e, in subordine, gli arresti domiciliari. Dello stesso avviso l’avvocato Antonio Maria Carlevaro, legale di Olivieri. «Il mio assistito - ha spiegato - ha solo confermato la propria estraneità ai fatti contestati. Valuteremo quanto riportato nell’ordinanza e poi ci comporteremo di conseguenza». Non ha risposto neanche Bruno Bruni, titolare del locale di Santa Marinella, difeso dai legali di Bruno Bruni, gli avvocati capitolini Rossella Cicchetti e Marco De Carolis. «Gabelli, peraltro già in carcere - ha invece aggiunto il legale del 45enne Gaetano Martellucci - deve rispondere soltanto di alcuni episodi di presunta estorsione, con la droga non c’entra nulla, tanto che non conosce direttamente neanche gli altri arrestati». L’indagine, che secondo gli inquirenti ha portato a sgominare un’organizzazione criminale dedita al traffico di cocaina e alle estorsioni, nasce proprio da un’intercettazione sul ‘‘Meco’’: a quanto pare, infatti, tutto è partito da una telefonata intercettata sul telefono di Gabelli. Da lì i carabinieri avrebbero messo sotto controllo anche altri personaggi che avevano rapporti frequenti con lui. Intercettazioni che si sono poi sviluppate a raggiera portando a scoprire l’intera organizzazione criminale: dalle estorsioni si è quindi passati a scoprire anche il traffico di sostanze stupefacenti. Con le ordinanze di custodia cautelare eseguite l’altra mattina (anche nei confrotni di due romani) gli inquirenti sono sicuri di aver sgominato l’intera organizzazione, prima che si ramificasse ancora di più sul territorio. Certa è ora la decisione dei legali di rivolgersi al Tribunale del Riesame.