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CIVITAVECCHIA – «Civitavecchia, snodo cruciale del centro Italia e porta marittima verso il Mediterraneo, non può essere ridotta a pedina di spartizioni interne a Fratelli d’Italia». È duro il commento di Enrico Luciani, segretario del circolo cittadino del Partito democratico e portuale da sempre. Un intervento, il suo, che anticipa l’appuntamento di domani quando in Parlamento inizierà l’esame sulla designazione dell’ingegner Raffaele Latrofa a presidente dell’Adsp del Mar Tirreno centro settentrionale.
«La legge 84/1994, all’articolo 8, è chiarissima: il Presidente di un’Autorità di Sistema Portuale deve avere comprovata esperienza nei trasporti, nella logistica, nella portualità. Requisiti precisi, non opinabili – ribadisce Luciani – eppure, a Civitavecchia, Salvini propone l’ingegner Raffaele Latrofa, attuale vicesindaco di Pisa, uomo di fiducia di Donzelli. Un tecnico stimabile, certo, ma completamente estraneo al mondo portuale. Nulla nel suo percorso parla di logistica, trasporto marittimo, pianificazione di sistema».
Ancora più grave, a detta del segretario Dem, è il caso di Napoli, «dove la nomina riguarda un dirigente che è presidente di una compagnia di navigazione operante nello stesso porto che dovrebbe gestire. Un conflitto d’interessi plateale – ha aggiunto – che in qualsiasi Paese serio avrebbe già fermato la procedura. E qui voglio ricordare, per onestà e trasparenza, quando avanzai la mia candidatura per l’Autorità Portuale di Civitavecchia. Allora ci fu chi parlò – a sproposito – di conflitto d’interessi, per il mio ruolo nella Compagnia Portuale, cooperativa di lavoratori fondata su una normativa (art. 17) e su bandi pubblici europei. Nulla a che vedere con la situazione napoletana. Ma evidentemente, qui da noi si è sempre più severi con chi conosce il porto che con chi non ne ha mai messo piede. La situazione è tragica al punto da sembrare comica. Nomine che “fanno acqua”, che ignorano le regole, che umiliano competenze e territorio. È il fallimento di un’idea di Paese».
Secondo Luciani, quanto sta avvenendo è «l’ennesima dimostrazione che per questo governo il porto è solo una poltrona da assegnare, non un motore da accendere. L’Italia merita di essere davvero il porto dell’Europa – ha ribadito con forza – e Civitavecchia merita rispetto, non commissariamenti travestiti da nomine tecniche. Serve visione, serve un progetto industriale, servono persone che conoscano i porti e il mare. Serve restituire dignità a un sistema che può ancora renderci protagonisti. Ma oggi assistiamo all’ennesima spartizione di potere senza progetto, che fa sprofondare l’Italia nella mediocrità internazionale. Un Paese che potrebbe essere in testa alla classifica nel settore portuale, ma che si accontenta di rimanere in panchina».
E ricorda come, da sempre, «himmaginato l’Italia come il grande porto dell’Europa: una visione strategica e industriale in cui il nostro Paese, per la sua posizione geografica naturale, diventasse la piattaforma logistica del continente. Con i suoi scali – Trieste, Ravenna, Ancona, Civitavecchia, Napoli, Gioia Tauro, Trapani – come banchine di un unico sistema nazionale, moderno, efficiente, proiettato verso il futuro. Un’Italia capace di connettere le rotte asiatiche con il cuore produttivo dell’Europa – ha sottolineato - attraverso una rete infrastrutturale degna di questo ruolo: porti, ferrovie, interporti, logistica digitale e sostenibile. Una visione chiara, ambiziosa e realizzabile, che però è stata completamente abbandonata da chi oggi governa. Siamo di fronte a un governo – ha concluso Luciani - che calpesta quella visione e si impantana in nomine improvvisate, politiche e spesso contrarie alla legge.