Le reazioni che si registrano nelle ultime ore nei palazzi della politica sono quanto di più eterogeneo possibile: sconcerto, incredulità, divertimento. La notizia è, a dire il vero, piuttosto rilevante, perché coinvolge uno dei massimi esponenti del Partito Democratico, già segretario dei DS, ministro, sindaco di Torino e chi più ne ha più ne metta. Stiamo parlando di Piero Fassino e della denuncia a suo carico per tentato furto al Duty Free dell’Aeroporto di Fiumicino piombata nelle redazioni di tutti i giornali e nelle segreterie politiche dei partiti ieri mattina. Incredulità, si diceva.

In effetti immaginare che un uomo del valore umano e politico come Fassino possa essere fermato dalla Polizia aeroportuale con un profumo in tasca potrebbe sembrare una fake news da social, come quelle notizie che danno ciclicamente per morti Pippo Baudo, Gerry Scotti o altri personaggi famosi. Video o post gaglioffi che spesso diventano virali (con gli evidenti e giustificabili scongiuri dei medesimi) grazie a qualche buontempone dalla tastiera facile. Invece questa è proprio una notizia vera e acclarata: l’ex ministro della Giustizia (sic!), oggi parlamentare del PD, è stato fermato lo scorso 15 aprile a Fiumicino, prima di imbarcarsi per Bruxelles, dopo essersi messo in tasca un profumo del valore di circa 100 euro. Subito è scattata la denuncia per furto, come da prassi in casi analoghi riguardanti l’uomo comune.

Fassino, interrogato ieri sull’accaduto da un noto quotidiano nazionale, si è giustificato dicendo: “mentre stavo per acquistare un profumo di una nota marca per mia moglie, mi è squillato il cellulare. Avendo solo due mani e nell’altra il trolley, ho messo il profumo nella tasca della giacca, con l’ovvio intento di pagarlo alla cassa appena terminata la chiamata al cellulare”. Plausibile. Peccato però che il parlamentare Dem sia stato fermato ben oltre le casse del Duty Free, quando stava già procedendo verso l’imbarco del suo volo, incastrato dalle telecamere di sicurezza che hanno fatto scattare l’allarme e, visionate più e più volte dalla sicurezza aeroportuale, la conseguente denuncia per tentato furto. C’è chi ieri a Montecitorio rideva dell’episodio, come pure un noto esponente del Pd (anch’egli ex ministro) scuotendo il capo mormorava: “a questo punto ci manca solo un asteroide sul Nazareno e siamo a posto”. In effetti non c’è che dire, a poco più di un mese dalle Europee il Partito Democratico affronta uno dei momenti più difficili degli ultimi anni, con un’incognita sul risultato elettorale che potrebbe mandare a casa l’ennesimo segretario politico, la povera Elly Schlein, e il primo della lista dei tanti, il fondatore Romano Prodi, che ultimamente è tornato a parlare alla stampa con una frequenza insolita cannoneggiando qui e là i suoi compagni di partito, a cominciare dalla stessa segretaria nazionale.

Nell’altro campo, quello della maggioranza, il clima è certamente più sereno, almeno apparentemente. Se il governo guidato da Giorgia Meloni può veleggiare in acque tranquille vista la totale inesistenza di una reale opposizione (salvo quelle mediatiche che, come da prassi, sotto elezioni riesumano dalla naftalina il solito lisergico dibattito sul Fascismo e l’anti Fascismo), quello che a Palazzo Chigi si teme di più sono le possibili, quanto probabili, sgrammaticature provenienti dall’interno. Osservato numero uno, manco a dirlo, Matteo Salvini, che con queste Europee si gioca per la prima volta e seriamente il ruolo di leader della Lega. Come se non bastasse, nelle ultime ore in Via Bellerio è stato visionato un sondaggio che darebbe per evaporato completamente il “quid”, valutato mesi fa attorno al 3%, che porterebbe al Carroccio la candidatura del generale Vannacci. Per la composizione delle liste c’è ancora qualche giorno, ma il coniglio dal cilindro, per il vicepremier, pare ancora molto lontano dal potersi materializzare.

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