TARQUINIA - Entra nel vivo la campagna elettorale in vista del voto del 21 aprile per il rinnovo delle cariche all’Università Agraria di Tarquinia. Un test importante per i partiti politici impegnati subito dopo con le comunali di giugno. Deciso ad assumere il comando dell’ente di via Garibaldi, il candidato presidente Roberto Fanucci (Tarquinia Terranostra) lancia la sfida agli avversari invitandoli ad un confronto pubblico. Fanucci in particolare si rivolge al candidato presidente di Agraria Tricolore Alberto Riglietti al quale chiede le dimissioni da assessore in Comune. «Caro dottor Riglietti - scrive Fanucci - inizio dicendoti che non potevo immaginare avversario più degno di te in questa competizione elettorale. Per un attimo abbiamo temuto che il tuo partito scegliesse altri nomi di certo meno competitivi. Ora, facendo appello all’uomo di stile quale sei, vengo al punto e ti chiedo di fare la cosa giusta, ovvero un piccolo passo indietro, rassegnando immediatamente le tue dimissioni da assessore comunale. Non vorremmo infatti che le tue deleghe divengano protagoniste della campagna elettorale, anche e soprattutto, perché tra le due cariche vi è incompatibilità e allora meglio scegliere prima del voto», sottolinea Fanucci. «Abbiamo appreso che sei il candidato dell’amministrazione comunale al gran completo, e soprattutto del tuo sindaco Giulivi di cui hai sempre condiviso ogni singola scelta. Sintonia legittima, per carità, ma a questo punto, dal momento che il primo cittadino ha più volte scritto e detto che l’Università Agraria va soppressa o accorpata al Comune, con tanto di tentativo di commissariamento, urge un chiarimento. Ti chiediamo perciò se la pensi come lui, se ti sei candidato per dismetterla o per amministrarla, perché su questo argomento la tua voce in dissenso con il sindaco non si è mai levata, tantomeno quella del tuo partito. Continuo con una nota stonata: l’ordine alfabetico inizia in genere con la lettera A, ma non per voi che avete messo in prima fila proprio quelli che hanno disertato il consiglio dell’Università Agraria e che hanno costretto quello che era il vostro presidente a dimettersi, lasciando l’ente senza bilancio e con uno statuto da riscrivere. L’idea che ci siano candidati più candidati di altri non ci piace proprio: per questo noi puntiamo sul concetto di gruppo» «Ovviamente sono pronto ad un confronto pubblico, anche con Giovanni Marchetti che era il vostro vicepresidente, così magari spiegherete anche ai cittadini perché l’Ente non ha più un’amministrazione: queste elezioni sono una vostra responsabilità perché non avete saputo tenere in vita la maggioranza».

Fanucci interviene anche per sottolineare la necessità di un nuovo statuto: «L’Università Agraria ha bisogno di uno Statuto, nuovo, moderno, partecipato e sintetico. Troppa indeterminatezza sulla natura giuridica dell’ente, nella dicotomia tra privato e pubblico. Vanno recepiti i precetti della legge 168/2017 solo parzialmente integrati nel vecchio statuto. Concetti cardine: tutela del patrimonio; valorizzazione del paesaggio; attenzione alle rinnovabili a beneficio della collettività; sostegno al mondo agricolo, rispetto della biodiversità e tutela del territorio inteso in senso complessivo». «Una premessa - aggiunge Fanucci - lo Statuto va riformato ma va soprattutto rispettato. Non può negarsi la natura privatistica riconosciuta all’ente, ma questo non significa assenza di forme di controllo. La nostra idea è uno statuto che vincoli alle procedure pubbliche materie specifiche quali: assegnazioni dei terreni per qualsivoglia finalità; assunzioni; appalti e in generale quanto abbia interesse diffuso e collettivo. Massima trasparenza e pubblicità di ogni atto e provvedimento. Istituzione dell’assemblea pubblica come momento di confronto con la collettività con cadenza periodica. Centralità al consiglio, previa riduzione del numero dei soggetti che ne fanno parte, modificazione della struttura dell’organo esecutivo comunque denominato e riparto delle competenze in forma ordinata e tassativa. Riforma del sistema elettorale garantendo la partecipazione: la collettività elegge il consiglio, quest’ultimo nomina il presidente dell’ente che è anche il presidente del consiglio di amministrazione, basta alla duplicazione inutile delle cariche. Al consiglio, i poteri in materia di indirizzo e di bilancio, all’esecutivo il compito di attuare gli obiettivi definiti. Nuova figura il direttore generale, che si occupi della gestione pratica e del coordinamento, nuovi poteri all’organo di revisione contabile e parere vincolante ai fini dell’approvazione dei documenti economici. Abolizione della fascia di rappresentanza, il presidente dell’Ente non sfila, amministra».

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