LADISPOLI - Niente sala della biblioteca per onorare l'ex assessore alla Cultura, Marco Milani, per il Premio Firenze - sezione Narrativa Edita, ricevuto; e scoppia la polemica. A quanto pare era stato chiesto l'uso della biblioteca di sabato per plaudire all'autore, ma il permesso non è arrivato. E così è scoppiato il caso politico con la vicenda finita anche in consiglio comunale con la domanda di attualità del consigliere di Ladispoli Attiva, Gianfranco Marcucci, Martina Paoli e Amelia Mollica Graziano.

«Il sindaco ha risposto. E da lì è partita una narrazione che non possiamo accettare - tuonano i consiglieri d'opposizione - Non è vero che Marco Milani fosse all’oscuro della richiesta come affermato dal sindaco: le istanze per l’utilizzo della sala e per il patrocinio sono partite dalla sua PEC personale, anche se l’organizzazione pratica era affidata – come spesso accade – ad altri soggetti culturali. Non è vero nemmeno che il sabato la Biblioteca non possa ospitare eventi. È vero che il personale bibliotecario non lavora, ma è altrettanto vero che numerose iniziative si sono svolte di sabato, anche in tempi recenti, grazie alla disponibilità di assessori o consiglieri che hanno presidiato apertura e chiusura. Lo ha detto lo stesso sindaco.

La domanda, quindi, resta semplice: perché in questo caso non si è voluto fare? Ed è debole sostenere che nessun amministratore sia stato contattato. L’associazione culturale Bombadil ha scritto regolarmente al Comune via PEC, chiedendo patrocinio e disponibilità dello spazio. Pensare che, di fronte a una proposta culturale di questo livello, l’Amministrazione possa limitarsi ad attendere una chiamata informale significa confondere la burocrazia con l’alibi politico. Infine, l’ipocrisia più grande: far passare Marco Milani come una figura “gradita” all’attuale amministrazione solo perché in passato è stato assessore alla Cultura. Se davvero ci fosse stata la volontà politica di valorizzare uno scrittore di Ladispoli appena premiato a livello nazionale, bastava delegare qualcuno della maggioranza. Qualcuno – ci risulta – si era persino offerto. Poi è stato richiamato all’ordine dal sindaco. Questi - concludono i consiglieri comunali - sono i fatti, al di là della propaganda. E forse non è un caso se, negli ultimi anni, diverse case editrici nate a Ladispoli hanno scelto di trasferire altrove la propria sede. Quando una città non sa riconoscere e sostenere le sue energie culturali, finisce per perderle. Ancora una volta, purtroppo, vale il vecchio detto: "nemo propheta in patria"».

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