E’ venuto a mancare Andrea Augello. Una personalità forte della destra romana e nazionale. Le mie più sincere condoglianze a sua moglie Roberta Angelilli, alla sua comunità politica e a tutti coloro che gli hanno voluto bene.

La politica e la vita sono imprevedibili. Augello è stato un implacabile, arguto e colto avversario politico. Ci siamo incrociati tante volte. E con suo fratello Tony, scomparso anche lui giovanissimo, nel consiglio comunale di Roma, duellavo con tenacia, ironia e un certo spirito cavalleresco. Eppure Andrea, come Tony, erano diventati miei amici. Non vi era solo il rispetto dovuto nei confronti di chi combatti; né solo una stima intellettuale. No. Vi è stato un legame più intimo, più personale, umano e persino culturale. Da fronti diversi amavamo molti stessi autori, filosofi e romanzi. E tante chiacchierate tra di noi, finivano sempre per accertare una certa miseria del presente e rimandare il pensiero ad un “prima” (soprattutto da parte sua) e ad un “oltre” (soprattutto da parte mia). Due modi diversi di non accettare le cose come stanno.

L’ultima volta che l’ho incontrato fu circa un anno fa all’ex Caffè Ruschena a Lungotevere dei Mellini. Bella giornata di sole. Tavolini all’aperto. Mi disse con calma, persino con un certo distacco, che aveva ormai pochi mesi di vita. Non so cosa davvero provasse dentro. Il tormento lo disciplinava con ferreo rigore. Era parte del suo carattere e del suo convincimento ideale voler appartenere alla storia dei “vinti”. Come se sopportare la cattiva sorte, fosse un destino da portare con sé in modo naturale. Combattendo, ma accettandolo quasi come scelta di vita. Ma colsi anche qualcosa di più. Perché mi aveva voluto insistentemente vedere, per dirmi della sua malattia? Cosa mi voleva comunicare? Ripensandoci credo che Andrea, come me, totus politicus, in quel momento così drammatico, intendeva riaffermare che esiste qualcosa che va anche oltre le mura della politica. Di fronte al quale, anche due persone che hanno così integralmente intrecciato vita e politica, come lui ed io, dovevano trovare una solidarietà reciproca a confronto della dimensione così indifesa e “piccina” di noi esseri umani rispetto alla forza infinita dell’universo che incombe su di noi.

Quando stavamo per alzarci ed andare via, in modo secco mi disse: “speriamo che il male che mi sta mangiando la vita progredisca il più lentamente possibile. So che non c’è speranza. Ma durare un po’ di più, anche se doloroso, permette ai miei cari di abituarsi all’idea che non sarò più tra di loro”.

Andrea ha messo tutto l’impegno possibile per continuare a vivere e combattere, fino all’ultimo. Più per gli altri, che per sé stesso.