Come ogni settimana anche questa è giunta al termine e per iniziare la nuova mi ritrovo seduto alla scrivania per condividere con voi alcuni pensieri personali che possano farvi riflettere e spero anche esservi d’aiuto. Come al solito, pur avendo già nel piano dell’opera una tematica prestabilita da portare in rubrica, riflettendo mi sono ricordato di una domanda posta durante una chiacchierata qualche giorno fa da un amico giornalista: "Ma quando te ne vai in giro in giacca e cravatta e gli altri tuoi coetanei ti vedono, che pensano? Che dicono?" Una domanda apparentemente semplice, sinceramente non nuova, ma che non sentivo da tempo.

Molte volte ci troviamo a vivere una sorta di dualità, cercando di conformarci alle aspettative altrui e all'immagine che gli altri si aspettano da noi. Questo processo di adattamento può manifestarsi sia nell'ambito lavorativo che in quello personale, e spesso siamo portati a chiederci se valga davvero la pena sacrificare la nostra autenticità per rientrare nei parametri predefiniti dalla società.

La mia risposta a questa domanda è chiara: no, non vale la pena. Essere se stessi è il primo passo verso una vita appagante e autentica. Questo concetto mi è stato confermato recentemente, quando venerdì sera stavo preparandomi per andare a teatro per il gala per le celebrazioni dei 100 anni dalla nascita della grande soprano Maria Callas.

Mentre uscivo dagli studi televisivi, un giornalista si è fermato per commentare il mio abbigliamento, prima in generale, poi soffermandosi sul tabarro di velluto nero che portavo come soprabito. Le sue parole, cariche di giudizio, suonavano come una critica all'apparenza che, a suo avviso, non si adattava al contesto.

"Non stando a Milano o a Montecarlo, vestito in questo modo sei inadeguato. Potresti risultare snob o addirittura scomodo," mi disse con disinvoltura. Io non propriamente contento del commento, che sinceramente era prevedibile, ma risultava abbastanza inaspettato proprio da quella persona, risposi semplicemente che io non avevo intenzione di cambiare o plasmare il mio abbigliamento per adeguarmi agli altri, anche perché significava modificare il modo in cui io mi presento alle persone, il mio “biglietto da visita”, dunque significava cambiare anche una parte di me.

La mia risposta alimentando in maniera spropositata la discussione è riuscita a farmi “uscire di scena” vista la mia gran fretta e l’altrettanto grande ritardo (come da mia consuetudine) con un “mi sono sbagliato, non è che sembri, tu sei uno snob di m...!”.

In quel momento, mi sono reso conto di quanto sia facile per gli altri cercare di plasmare la nostra identità, di influenzare la nostra autenticità, ma soprattutto quando sia semplice criticare l’operato e le scelte altrui, specialmente se identificative della persona. Il commento del giornalista non faceva altro che alimentare la mia convinzione che, piuttosto che adattarsi a un'immagine predeterminata, è fondamentale rimanere fedeli a se stessi.

Questa non è la prima volta che qualcuno cerca di farmi cambiare. Nel corso della mia vita, molte persone hanno tentato di modificare chi ero, poiché non rientravo nei loro schemi o non rispecchiavo esattamente ciò che si aspettavano. Ma perché lo fanno? Ci potrebbero essere tante risposte a questa domanda, ma dubito che valgano per tutti i casi (un po’ come lo standard identitario non vale per tutte le persone), ma credo che una risposta comune in molti casi, pur senza generalizzare, possa essere l’invidia. Le persone spesso vogliono proprio ciò che non hanno e che inevitabilmente non possono avere, questo le porta a sminuire e svilire chi possiede “l’oggetto dei loro desideri”. Colorato fuori dai bordi, diverso dagli standard, e talvolta oggetto di confronti impietosi con mio padre o mio nonno, irrispettosi per me ma in primis per loro, ho imparato che la libertà individuale è una conquista preziosa.

Sono felice ed estremamente fiero di non essere il ragazzo diciassettenne di default e di essermi creato da solo una mia personalità forte o fragile che sia.

Non possiamo vivere la nostra vita per soddisfare le aspettative altrui. Ogni tentativo di adattamento e conformità è un passo lontano dalla nostra autenticità. Ho capito che piuttosto di sacrificare la mia intera esistenza per soddisfare gli standard degli altri, preferisco essere ciò che sono realmente. Le persone che apprezzano la nostra autenticità e amano chi siamo veramente sono quelle con cui vale la pena condividere la vita.

Dobbiamo essere fieri di ciò che siamo, senza cercare di emulare o voler essere altro, bisogna che guardandoci allo specchio noi possiamo essere orgogliosi dei nostri traguardi ma ancor di più delle nostre sconfitte, dei nostri errori, dei nostri pregi e di tutti quei difetti che ci portiamo dentro sperando prima o poi possano anch’essi diventare pregi. Dobbiamo essere soddisfatti di ciò che abbiamo perché fondamentalmente questa è la nostra unica occasione per esserlo. Se qualcuno ci amerà davvero vorrà fare a botte con il nostro lato negativo e abbracciare tutto ciò che di positivo possiamo dare. Non temete, non bisogna avere paura di apparire come si è, specialmente in amore è il caso che ogni tanto si inizi a calare la maschera e creare un legame sincero e vero.

La massa si lamenta che ormai i giovani d’oggi sono tutte copie speculari con lo stesso taglio di capelli, la stessa felpa, le stesse scarpe, ma poi proprio quella massa così critica con lo standard è altrettanto se non ancor più critica e permalosa con chi esce dagli schemi e ci mette un po’ del suo. Come si può pretendere che qualcuno si esprima per ciò che è, azione già in sé difficilissima, se invece di essere incoraggiato e sostenuto da chi ha attorno viene spinto, sì, ma a fare tutto l’opposto?

La paura di essere giudicati o emarginati spesso ci spinge a mascherare la nostra vera essenza. Tuttavia, è essenziale superare questa paura e abbracciare la nostra unicità. Siate ciò che volete essere senza timori o paure, perché se qualcuno vorrà amarvi e starvi accanto, lo farà per ciò che siete realmente e non per ciò che sembrate o per come gli altri vogliono che appariate.

La vita è un viaggio individuale, e ogni passo dovrebbe essere guidato dalla voce autentica che risuona dentro di noi.

Essere se stessi è il regalo più grande che possiamo fare a noi stessi, e solo abbracciando la nostra unicità possiamo sperare di vivere una vita soddisfacente e significativa.

Ciò non significa che ci debbano essere solo consensi, assolutamente, è importante mantenere sempre un punto di riferimento in contrasto e con cui confrontarsi per valutare qualcosa di “diverso”. Respingiamo le pressioni esterne che cercano di cambiarci e abbracciamo la bellezza di essere autenticamente noi stessi. La nostra unicità è la chiave per una vita piena e appagante.

Lo so, si rischia ad essere se stessi, ma forse è proprio qui il bello. La voglia di tro+vare un sì tra cento no è quella forza che mi fa continuare a sperare che un giorno possa essere il contrario: che ci siano così tanti sì che per la tanta approvazione si voglia rincorrere quel singolo no per dirgli grazie.

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