TARQUINIA - Il rombo inconfondibile e il suono dei clacson hanno scandito il passaggio dei trattori: stamattina gli agricoltori di Tarquinia, Montalto di Castro, e di molti altri comuni della Tuscia, si sono messi in marcia verso Roma.

Decine di trattori incolonnati si sono diretti verso la capitale per raggiungere il presidio sulla Nomentana, al fianco degli altri presidi già attivi, come quelli a Torrimpietra, Fiano Romano, Capena e Cecchina.

I trattori sono passati da Monte Romano e Vetralla, punto di raccolta, poi si sono diretti verso la Cassia per prendere la direzione Roma dove probabilmente venerdì si svolgerà una grande manifestazione nel cuore della città.

Gli imprenditori agricoli di Tarquinia e Montalto di Castro domenica mattina sono stati protagonisti anche di un’altra iniziativa. Con una trentina di mezzi agricoli sono scesi lungo l’autostrada A12, sulla Roma Civitavecchia, si sono fermati all’uscita per Monte Romano ed hanno consegnato agli automobilisti cassettine con gli ortaggi del territorio – verza, broccoli e finocchi -, incassando tanta solidarietà. Hanno anche consegnato volantini per spiegare proprio le ragioni della protesta.

A generare uno stato di crisi nel comparto agricolo la scarsa protezione e valorizzazione delle produzioni italiane, “sia da parte del Governo sia da parte dell’Europa” hanno spiegato; ma anche il caro gasolio, la reintroduzione dell’Irpef sui terreni agricoli e gli obblighi della Pac, la Politica agricola comune, “che taglia superfici coltivabili e risorse in nome della transizione ecologica”. Gli imprenditori agricoli chiedono quindi al Governo meno tasse e la tutela del made in Italy. Il quadro è nero sotto tutti i profili: «Pagare un concime o una bolletta elettrica, a causa degli aumenti è diventato difficoltoso – hanno spiegato gli imprenditori - D’accordo con il green, ma non si può fare una legge che vale dal Nord Europa alla Sicilia, perché sono due agricolture diverse e due tempi di semina diversi». 

«Investiamo dei soldi e neanche quelli riusciamo a portare a casa – le parole di Glauco Zannoli -: spendiamo mille euro ad ettaro per prendere appena 700 800 euro».

«Al nostro posto  si prendono prodotti nord africani o prodotti asiatici e il prezzo cala, ma non sono come i nostri – spiega l’imprenditrice Tania Talenti – il made in Italy è un connubio di ambiente, clima ed operosità delle persone che va distinto e tutelato”.

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