TOLFA – “Il fatto non sussiste”. La corte d’Appello di Roma, nell’udienza dello scorso 22 maggio, ha riformato con formula piena la condanna inflitta in primo grado all’imprenditore Augusto Battilocchio imputato a seguito della denuncia sporta da Davide Vannicola, l’ormai famoso “pioniere”, balzato, qualche anno fa, agli onori delle cronache locali e nazionali dopo le rivelazioni choc sul caso Vannini.
Si chiude così una vicenda processuale iniziata nel 2016 quando, a seguito di una denuncia sporta da Battilocchio per il contenuto diffamatorio di un post pubblicato su Facebook da Vannicola e per il quale quest’ultimo nel prosieguo veniva condannato, il pioniere presentava nei suoi confronti una denuncia per tentata estorsione che, nel suo racconto, sarebbe avvenuta in una delle vie principali di Tolfa nel corso di una festa patronale.
Sebbene, già nel corso del giudizio di primo grado, il pubblico ministero avesse richiesto nella sua requisitoria l’assoluzione di Battilocchio, ritenendo la sussistenza di un dubbio ragionevole, il giudice De Santis scelse invece di condannarlo, privilegiando il racconto reso dalla persona offesa e dai testi dal medesimo indicati a riscontro delle sue dichiarazioni.

Ebbene a mettere la parola fine alla vicenda è stata la Corte d’Appello che, letti i motivi dell’impugnazione e rivalutando l’esito dell’istruttoria di primo grado, ha assolto Augusto Battilocchio con la formula “il fatto non sussiste” e quindi con la liberatoria più ampia prevista dal  codice processuale.

Soddisfazione è stata espressa da Battilocchio, assistito dagli avvocati Andrea Miroli e Gaetano Martellucci, che hanno dimostrato la totale inattendibilità delle accuse mosse dal “pioniere”, assistito dall’avvocato Ivana Manni.
“Siamo particolarmente compiaciuti per l’esito del giudizio che restituisce piena onorabilità al nostro assistito per una vicenda che aveva provocato a lui e alla sua famiglia grande dolore, – affermano gli avvocati Miroli e Martellucci – impattando costantemente sulla sua quotidianità; basti pensare che per il perseguimento della verità processuale Battilocchio aveva rinunciato al decorso della prescrizione, non accettando in alcun modo l’esito del primo giudizio, e la Corte d’Appello, dando dimostrazione di aver approfondito l’ingente mole degli atti, gli ha dato ragione”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA