CIVITAVECCHIA – Il “cacciatore di relitti” Simone Pierucci in prima linea con Marevivo e Gdf nell’operazione che ha portato al recupero di una rete fantasma allo “Scoglio del corallo”. Sabato una task force composta da Marevivo e Roan della Guardia di finanza grazie al supporto della Capitaneria di Porto e del Porto turistico Riva di Traiano - che si occuperà dello smaltimento della rete - ha portato a termine un importante intervento per la salvaguardia delle coste.

IL RISULTATOI subacquei sono infatti scesi a una profondità di circa 30 metri, rimuovendo una rete strascicante lunga oltre 200 metri, di recente abbandono, che partiva dallo scoglio e proseguiva sul fondale sabbioso. Pierucci è un sub esperto, solito battere fondali meno noti ai diving del territorio, salito alla ribalta delle cronache per il ritrovamento della prua (65 metri) del “Nathaniel Bacon” a 90 metri dalla costa a Civitavecchia, insomma uno che dell’acqua ha fatto la sua seconda casa.

IL RACCONTO DEL SUB PROFESSIONISTA – «Mi trovavo in zona in una immersione di allenamento - racconta - e ho visto la rete abbandonata, un qualcosa di molto pericoloso sia per la fauna che per un eventuale sub magari meno esperto, insomma mi sono subito attivato facendo una segnalazione a Massimiliano Falleri (responsabile divisione sub Marevivo, ndr), inviandogli anche le riprese effettuate nell’area».

Da lì è partita l’organizzazione della “spedizione”. «Ci siamo immersi per un primo sopralluogo insieme al capo dei sub della Guardia di finanza e a Falleri. Una volta verificato il tutto nel dettaglio si sono immersi anche gli altri, c’erano anche una archeologa e una biologa, con il supporto del diving center gruppo Nasim. Le operazioni per rimuovere la rete, ancora in pesca, sono durate circa 3 ore. «È sempre meglio fare le cose con calma - ha detto Pierucci - e procedere con la massima cautela».

I RISCHI PER L’ECOSISTEMA – Da Marevivo spiegano che, sullo scoglio, la rete opprimeva numerosi rami di corallo, mentre sui fondali sabbiosi, le maglie continuavano a pescare, intrappolando forme di vita marina, come paguri, un polpo, uova di calamaro, un astice e vari tipi di granchi, tutte prontamente liberate e rilasciate in mare. «Siamo molto soddisfatti - ha concluso Pierucci - e ci sono già in programma altre immersioni su relitti della zona dove, purtroppo, ci sono molte reti da pesca abbandonate. Si tratta di luoghi dove la profondità delle acque è maggiore quindi le operazioni sono più difficili. Abbiamo deciso di dare la priorità a questa operazione visto che lo Scoglio del corallo è molto frequentato».

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