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ACQUAPENDENTE – Si è svolto a Venezia il convegno internazionale che ha visto la presenza di relatori di fama mondiale. Un convegno rivolto a studiosi di diverse discipline al fine di affrontare i molteplici aspetti che accompagnano il trasferimento dell’architettura dall’antichità fino ai nostri giorni. Sono stati affrontati tutti i casi che segnano la migrazione dell”architettura, dal punto di vista tecnico, delle politiche urbane, delle pratiche archeologiche e museali, fino ad arrivare alle motivazioni sociali ed antropologiche. L’intervento degli architetti Renzo Chiovelli e Vania Rocchi e della storica dell’arte Giulia Maria Palma si è focalizzato soprattutto sul caso di una particolare pratica di trasferimento delle architetture, ovvero quello del edifici ideati volutamente temporaneamente stabili. Si tratta cioè di architetture create proprio per essere periodicamente ricollocate. L’intervento valuta lo spostamento anche dal punto di vista sociale ed antropologico e non solo da quello tecnico. Il titolo dell’intervento proposto dai tre studiosi viterbesi è “La ‘minga’ e il viaggio della casa nell’arcipelago di Chiloé”. Si tratta di un nomadismo acquatico praticato nelle isole che costituiscono l’arcipelago di Chiloé, nella parte meridionale del Cile.
«I processi costruttivi in quell’arcipelago sono sempre state improntate dall’esclusivo uso del legno, con una partecipazione collettiva di amici e vicini, secondo un’economia di scambio e comunanza, nell’esecuzione delle costruzioni, così come nel loro spostamento da un’isola all’altra – riferisce Chiovelli –. Si tratta della ‘minga’ , giornata di lavoro collettivo che si conclude con un festoso pasto a fine giornata. In occasione del trasferimento della casa, le sue palafitte vengono recise, ed essa viene trainata da buoi, su tronchi d’albero, fino alla spiaggia, dove con l’alta marea diventa un natante. Essa viene trainata da una imbarcazione fino alla destinazione della sua nuova isola, per poi essere ricollocata sul terreno con lo stesso sistema di traino con cui era partita». La narrazione della ‘minga’ di Chiloé e stata possibile grazie all’amicizia intercorsa tra l’architetto Chiovelli e i colleghi del gruppo interdisciplinare del “Taller Puertazul”, fondato nel 1976 a Chiloé. Questo ha, infatti, operato nell’arcipelago per impedire, riuscendoci, la ‘normalizzazione’ dell’autonoma tradizione architettonica, con un metodo di lavoro che ha consentito alla popolazione locale di proseguire a gestire il proprio territorio anche di fronte al necessario sviluppo delle infrastrutture dell’arcipelago.
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