CERVETERI - I prezzi delle materie prime e dell'energia sempre più alti e i ricavi che non ripagano delle spese, con le politiche europee che rischiavano di mettere in ginocchio un settore già piegato da anni. Sebbene il presidio degli agricoltori (e non solo loro) a Torrimpietra non abbia più al suo interno i protagonisti di una protesta che si è protratta per mesi, le preoccupazioni e le difficoltà del settore rimangono. Lo sanno bene i produttori di latte, con le aziende che iniziano ad "abbassare le saracinesche", come sta accadendo sul territorio etrusco. «Lo scorso anno un litro (di latte, ndr) veniva riconosciuto a 60 centesimi - spiega l'imprenditore Pino Giacomobono - oggi ci aggiriamo sui 53/52 centesimi». Troppo poco per chi deve mandare avanti un'attività. Il problema è quello di sempre, «il conferimento del latte» che ai produttori «viene pagato sempre meno anche se nella distribuzione i pressi non sono più bassi». Una vera e propria «speculazione» per Giacomobono che tira le somme di quanto sta accadendo sul litorale. «In 20 anni - spiega - Ladispoli e Cerveteri hanno perso il 70% delle aziende». Poche quelle rimaste e che «faticano ad andare avanti». «Prima o poi ci si renderà conto di quanto sia importante questo settore». Contributi per le semine più bassi, obbligo di usare alcuni prodotti che spesso non servono e gli aiuti da parte del Governo in via di esaurimento. Sono queste le difficoltà snocciolate dalla categoria. E ovviamente poi ci sono proprio i rincari: da quello del gasolio necessario per lavorare nei campi e nelle stelle, al caro bolletta che non risparmia nemmeno le aziende agricole. «Abbiamo 440 mucche di cui 160 da mungitura - racconta un altro produttore etrusco, il signor Carmine Ciarelli - Il bestiame vecchio è stato mandato al macello. Siamo qui da 40 anni e non è giusto svendere». Difficile trovare investitori paghino il giusto prezzo. Difficile anche trovare manodopera. La speranza è che lo scenario in un futuro prossimo possa cambiare a favore della categoria. A chiedere un aumento del prezzo del latte alla stalla di almeno di quattro centesimi così da arrivare dai 54 attuali a 58. «Non è possibile che il latte del Lazio continui a essere pagato così poco» commenta il vicepresidente di Cia Roma, Italo Pulcini confrontando i prezzi con quelli applicati invece nel nord Italia. «Il rischio è la scomparsa di centinaia di allevamenti, una situazione che poi alla lunga andrebbe a coinvolgere anche il consumatore finale che già paga per un litro di latte circa due euro».

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